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Stoppani (Fipe): «Bar e ristoranti accelerano l’uscita dalla crisi»

Secondo il presidente dell’associazione che rappresenta i pubblici esercizi «la spinta del turismo porterà a una crescita del fatturato 2023 e al ritorno ai livelli del 2019, ma gli utili restano ancora bassi perché i prezzi sono aumentatati meno dell’inflazione».

«Il buon andamento del 2023 registrato finora lascia ben sperare per il resto dell’anno e l’obiettivo è quello di recuperare il livello del giro d’affari precedente alla crisi iniziata con il Covid, non solo in termini nominali ma anche al netto dell’inflazione. Tuttavia il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito e lo stato di salute di bar e ristoranti non è buonissimo, perché sono ancora aperte le ferite lasciate delle chiusure durante la pandemia, con i debiti da ripagare per chi è rimasto aperto e gli utili che si sono assottigliati a causa di costi aumentati molto di più dei prezzi al consumo». È la sintesi dello stato di salute del settore dei consumi fuori casa delineato per Food24 da Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe Confcommercio.

Il peso dell’effetto turismo
Iniziamo dagli aspetti positivi: secondo le elaborazioni della Federazione pubblici esercizi, il 2023 si chiuderà con una crescita compresa tra il 5 e il 10%, ma i dati del primo trimestre fanno presagire una ulteriore accelerazione: il fatturato è infatti cresciuto del 30% su base annua, anche se si tratta di un dato condizionato da un inizio di 2022 ancora condizionato dalla crisi pandemica.

La spinta arriva soprattutto dal turismo per cui si stimano 204 milioni di presenze, con arrivi soprattutto dall’estero. «I ponti sono andati molto bene e sono tornati gli stranieri, anche se mancano i russi e gli asiatici – commenta Stoppani – e c’è ottimismo in prospettiva anche per le previsioni sul calo dell’inflazione. Chi ha resistito nel contenere gli aumenti dei listini lo ha fatto anche come investimento
sulla ripresa, per non perdere clientela. Solo con un clima di fiducia, e fortunatamente questa sta crescendo, le famiglie spendono e le imprese investono».

L’inflazione e i menu
Secondo il Centro Studi Fipe i prezzi ad aprile su base annua sono aumentati dal sono aumentati del 4,8% nei bar e del 6,1% nei ristoranti, al di sotto del tasso di inflazione generale dell’8,4 per cento. «I listini ormai sono fatti e al netto di shock esterni imprevedibili resteranno questi per l’estate – continua Stoppani –. Da parte degli esercenti c’è stato un grande senso di responsabilità. Del resto la concorrenza nel nostro settore è forte e nella fascia più ampia del mercato i clienti sono molto sensibili alla variazione dei prezzi: magari per la paura di perdere clienti i gestori sono stati bravi a recuperare efficienza e contenere gli aumenti tagliando i margini. Attenzione però che in questo modo si rischia un abbassamento della qualità dell’offerta per far quadrare i conti. È difficile comunque generalizzare in un settore come il nostro, che copre tutte le fasce del mercato, dove oltre 300mila imprese fatturano 85 miliardi per oltre 40 miliardi di valore aggiunto». Stoppani glissa sulle polemiche che ogni tanto riemergono sul “caro tazzina” o sull’aumento dei gelati che arriverebbe al 20%: «Non mi sembra che queste polemiche abbiano avuto molto seguito, sono solo la dimostrazione di come il nostro sia un settore che tocca la vita di tutti e quindi fa più clamore di altri casi». Sugli aumenti però precisa: «Bisogna anche capire da dove arrivano, ad esempio solo gli adeguamenti Istat all’inflazione vogliono dire notevoli
aumenti dei canoni di locazione, che spesso sono determinanti tra i costi di alcune attività. Così come stanno crescendo molto i tassi di interesse, proprio come conseguenza delle mosse della Bce per contenere l’inflazione, e questi stanno pesando sui bilanci dei commercianti che hanno dovuto fare debiti per non chiudere davanti ai ristori insufficienti ricevuti durante la pandemia».

Poco spazio all’improvvisazione
Le difficoltà degli scorsi anni hanno fatto però arrivare a 10mila il saldo negativo tra aperture e chiusure nel 2022: una selezione naturale dopo il boom o il sintomo di un modello di business da ripensare? «Il dato da sottolineare è che molti chiudono in fretta con un bar su due che non rimane aperto più di cinque anni. C’è poi la cronica difficoltà difficoltà a reperire manodopera. La situazione – lamenta Stoppani – è più grave dello scorso anno, perché stiamo tornando a pieno ritmo e non riuscire a sopperire alla mancanza di personali vuol dire perdere fatturato. Ma non è facile recuperare 250mila lavoratori usciti dal settore durante la pandemia che hanno trovato impiego altrove, come ad esempio
nell’edilizia che ha usufruito dell’effetto bonus del 110%, nella logistica o in altri settori del commercio».
«E comunque la difficoltà a reperire manodopera qualificata c’è in molti settori – continua Stoppani – e quindi è un problema generalizzato di natura culturale e politica. Bisognerebbe introdurre misure che ridiano dignità ai percorsi di formazione professionale e operare un taglio sensibile del cuneo fiscale. C’è poi il tema del calo demografico per cui serve una miglior regolazione dei flussi migratori. Agli immigrati va data formazione e possibilità di inserimento».

Al Governo: servono regole e contratti uguali per tutti
Al Governo Stoppani chiede poi da un lato la prosecuzione nella valorizzazione del settore – «deve avere più dignità a livello istituzionale, un buon avvio è stata la prima Giornata della ristorazione che ha messo
insieme tutti gli attori pubblici, le associazioni e i protagonisti del sistema e la candidatura a patrimonio Unesco della Cucina italiana» – dall’altro semplificazioni normative e referenti chiari, «dato che i pubblici esercenti rispondono ad ambiti differenti, che fanno riferimento a diversi ministeri, dalla neonata Sovranità alimentare alla Sanità e all’Interno per le norme del Tulps». Rinnova la richiesta di fare chiarezza contro «il dumping contrattuale, visto che ci sono 30 contratti oltre al nostro che si possono applicare,
naturalmente sottraendo diritti ai lavoratori». E contro le «asimmetrie di mercato»: agriturismi, mini market e gastronomie, circoli privati e altri tipi di attività hanno «tassazioni agevolate o meno vincoli normativi da rispettare».

Il Sole 24Ore – 13 giugno 2023

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