Vincenzo Vottero (Fipe-Confcommercio Ascom Bologna) e Celso De Scrilli (Federalberghi Bologna): «Colpa delle chiusure indiscriminate causate dal Covid e delle politiche del lavoro»
I pubblici esercizi hanno ripreso a lavorare dopo mesi di chiusura a causa della pandemia Covid, la vita sta tornando alla normalità, ma sull’uscio dei pubblici esercizi e delle strutture ricettive si affaccia un nuovo problema collegato all’incertezza di oltre un anno e mezzo di crisi: la mancanza di personale, qualificato e non.
«Oltre un anno di crisi, con chiusure indiscriminate per mesi a causa del Covid, hanno gettato discredito su tutta una categoria, ora considerata a rischio e non più allettante per i lavoratori – commenta Vincenzo Vottero, presidente della Fipe-Confcommercio Ascom Bologna –. In più tutte le dicerie che ruotano intorno al nostro lavoro non fanno altro che disincentivare le persone. Ad esempio, credere che oggi un ristoratore possa inserire nel suo staff dipendenti “in nero” non è plausibile. Si correrebbero troppi rischi, legati ai numerosi controlli o anche semplicemente a un possibile infortunio in cucina».
I mesi di zona rossa e lockdown, inoltre, hanno avuto un grande impatto anche sulla vita sociale e lavorativa della città stessa. «Lavorare per bar o ristoranti ha sempre rappresentato per gli studenti, in particolare fuori sede, un buon metodo per arrotondare e nello stesso tempo i ragazzi per noi erano una risorsa importante. Con la didattica a distanza tutto ciò è venuto ovviamente meno», prosegue Vottero, a cui si aggiunge il commento del Presidente di Federalberghi Bologna Celso De Scrilli «Lo stesso è accaduto per tanti lavoratori che hanno lasciato Bologna per tornare nella propria città d’origine e difficilmente torneranno qui se la pandemia continuerà a creare incertezze».
Vottero, allora, chiede un cambio di passo: «Bisogna trovare una soluzione per far sì che chi oggi è in cassa integrazione o si sostiene con la Naspi torni a cercare lavoro, per rivitalizzare il mercato e creare nuove opportunità di impiego – conclude Vottero –. Inoltre, va abbassato il costo del lavoro, perché in questo momento le tasse in busta paga pesano per circa la metà rispetto al netto che spetta al dispendente. Se la pressione fiscale fosse più bassa, quindi, gli stipendi sarebbero più alti e ancora più allettanti».
Fa da cassa di risonanza De Scrilli: «Iniziano a fare capolino i primi turisti e dopo mesi e mesi di chiusura, si tratta di un bel segnale. Tuttavia con il perdurare di queste politiche assistenzialistiche è praticamente impossibile trovare personale tanto da inserire in portineria quanto in sala o ai piani. E’ necessario – prosegue il numero uno degli albergatori – che vengano approntati meccanismi di ripartenza anche per il comparto del mondo del lavoro per permettere alle azienda, già duramente colpite, di poter rientrare sul mercato contando su personale capace e competente».
Bologna, 22 giugno 2021
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