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La bellezza di cenare insieme non è ordinabile

I ristoratori fanno del contatto diretto con il cliente la loro missione

Houston, abbiamo problema. I nostri ragazzi non sentono più il bisogno di incontrarsi di persona. O, quantomento, non è una loro impellente priorità. Una volta, arrivata la primavera, si sentiva l’urgenza di scappare fuori di casa per andare a vedere chi c’era in giro. S’inforcava il motorino e ci si buttava in strada in cerca dell’amico perduto, da scovare al bar, ai giardini, in sala giochi o nel punto di ritrovo più o meno noto. C’erano le grandi compagnie. È vero: i discorsi da “Si stava meglio quando si stava peggio, lasciano sempre il tempo che trovano e ogni stagione ha suoi usi e costumi; ma lo è altrettanto che il mondo attuale, coi suoi ritmi e i suoi algoritmi, con le sue indispensabili futilità, rischia in prospettiva di privarci delle più banali necessità, se non verranno più percepite come tali, vedi appunto quella di stare insieme, sempre e comunque. Il motivo lo sappiamo tutti: oggigiorno ci si incontra anche stando fermi (e soli) in camera propria. Si ordina da remoto. Si acquista senza uscire dalle mura domestiche. La vita è tutta un clic. Lo ribadisco: è un fenomeno che riguarda soprattutto i giovani, ma non solo. ·rnce: ma tutto questo cosa c’entra all’interno di un articolo in cui si parla di delivery? C’entra. C’entra eccome. Perché in questo mondo in evidente via di personalizzazione, bisogna capire quale sia la direzione, quale il percorso e magari, potendo, cercare di deviarlo, aggiustare la traiettoria, insomma, starci attenti. La possibilità dell’asporto è indiscutibilmente un’alternativa che si dà al cliente. D’altronde, a pensarci bene, parliamo di qualcosa che c’è sempre stato: fino a qualche tempo fa lo faceva in via esclusiva il rosticciere e dopo tutto andava bene così. Poi, ha preso piede anche nella ristorazione più classica. La storia è arcinota: dopo il lockdown tanti ristoratori di cucina tradizionale (il discorso è diverso per pizzerie o sushi o altre attività che vendono prodotti più facilmente “asportabili”) si sono trovati costretti a trasformare la somministrazione sul posto in servizio delivery. L’esigenza era sostanzialmente quella di rimettersi in moto dopo il periodo di pausa, scrollarsi di dosso un po’ di polvere, imparare qualcosa di nuovo, oltre che, ovviamente, venire incontro ai propri clienti. Ma è stata una situazione contingente. E sono sicuro che i più (compreso il sottoscritto) l’abbiano trovata alquanto impersonale. Questo perché i ristoratori fanno del contatto diretto con il cliente il loro marchio di fabbrica. E continuare a trasmettere alle nuove generazioni questo bisogno di tradizione ad accogliere, ospitare, raccontare, ascoltare, far sentire la gente a casa propria (fuori dalla loro) sarà importante quanto farle ordinare con un clic.

Filippo Venturi, Gusto – la Repubblica – 25 maggio 2023

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