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Ristoratori in trincea contro il caro bollette

“Un grado su in frigo”. “E due giorni chiusi”

Al Caminetto d’Oro, Paolo Carati ha alzato di un grado il frigorifero e «sta razionalizzando» l’uso dell’abbattitore: «Prima ci mettevamo un dolce, ora ce ne mettiamo tre». In via Mascarella, Vincenzo Cappelletti pensa di non aprire più la sua Cantina Bentivoglio di domenica sera. Da Fantoni, al Pratello, Davide Sedda vorrebbe convincere gli altri inquilini a piazzare dei pannelli fotovoltaici sul tetto, ma chissà. Nel suo pub, il Celtic Druid, il presidente di Confesercenti Max Zucchini ha staccato qualche frigo e si sta sforzando di usare meno la stanza dei fumatori, «perché ha due aspiratori che consumano tantissimo». C’è chi fa più spesso la spesa per usare un frigorifero in meno, chi sforbicia giornate di apertura, chi ha sostituito le vecchie lampadine con quelle a basso consumo. Sono solo alcune delle ricette dei ristoratori, per sopravvivere al caro-energia. Bollette che nel migliore dei casi sono raddoppiate, nel peggiore si sono moltiplicate per cinque o sei volte.

È il caso di Alessio Battaglioli, all’Osteria di Medicina: «Siamo un’azienda sana, non abbiamo debiti – sospira – ma con questi costi non superiamo dicembre». In agosto la sua bolletta della luce è schizzata da 800 a 5.019 euro. «Molto dipende dai contratti – dice il presidente dei ristoratori di Ascom, Vincenzo Vottem – Io avevo un contratto che sarebbe dovuto durare fino al primo ottobre, con Enel Energia, a prezzo fisso di 0.08 centesimi al kilowatt, e a giugno mi hanno comunicato che avrebbero portato la tariffa a 0,45. E possono farlo. Per fortuna mi sono mosso subito col mio broker e ho sottoscritto un contratto con A2A. a 0,26 centesimi.

Ora pago “solo” il triplo. Ma così non si può andare avanti». A Castiglione dei Pepoli la sfogli na (pluripremiata) Lucia Antonelli nel suo ristorante sta pensando «di chiudere la sera, per massimizzare i clienti. Per il resto – racconta – i nostri fuochi vanno già a Gpl, quindi costano meno. E le lampadine a basso consumo le abbiamo già». Da Bertozzi, Fabio Berti predica: «Evitare dimenticanze ed eccessi di ogni tipo». Da Sale Grosso, Marco Giardini alza le spalle. «Siamo al +300%, la situazione è insostenibile e non esiste una strategia. Anche chiudere per uno o due giorni produce un risparmio relativo, perché il grosso dei macchinari continua a funzionare. Noi ci siamo già esposti durante il Covid e in termini di liquidità siamo alle strette, anche perché poi ci sono gli aumenti dei fornitori e della lavanderia». L’unica, alla fine, è ritoccare i menù: «Ma per fortuna i nostri clienti hanno capito».

Al Diana Stefano Tedeschi vorrebbe evitarlo. «La gente a casa ha i nostri stessi problemi. La raccomandazione che ho dato ai dipendenti è quella di fare molta attenzione al gas e all’acqua». L’aspetto folle, ragiona Zucchini, «è che ci sono attività che si ritrovano con aumenti stellari e altre che hanno avuto rincari del 30/40%. Tutto va in base al contratto. Noi come Confesercenti, abbiamo fatto un gruppo d’acquisto per l’energia, ma senza un intervento centrale non ne veniamo fuori». Il presidente regionale di Fipe, Matteo Musacci stima che 10-15mila imprese potrebbero chiudere in Emilia-Romagna nei prossimi mesi.

«Il nostro settore sconta due anni di problemi – dice – Io nei miei locali, a Ferrara, sono arrivato a pagare 4mila euro in più al mese. Quello che abbiamo fatto è stato cambiare un po’ il modello di business: non usiamo più certe macchine, una persona si è licenziata e non l’abbiamo sostituita, facciamo la spesa tre volte alla settimana per usare meno i frigoriferi. Ma sono tutti palliativi. Meglio chiudere che pagare 50mila euro in più all’anno».

Caterina Giusberti, la Repubblica -5 ottobre 2022

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