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«La grande bellezza è un lusso Il nostro obiettivo, che sia per tutti»

Intervista a Leopoldo Cavalli, ad del marchio Visionnaire

«Tutte le mie attività ruotano attorno a bellezza, creatività ed emozioni», dice Leopoldo Cavalli. E lo può ben dire, perché è l’ad del marchio del lusso Visionnaire, ma anche titolare della Fonoprint e dall’anno scorso socio di Teatro delle Celebrazioni ed Europauditorium. E ultimamente ha realizzato anche la nuova Darsena di Cervia.

Come si tengono assieme tutte queste attività?

«Sono tutte aziende emozionali, dal design alla musica, dal cibo alla musica o al teatro. Se la nostra attività sfocia in un applauso o in una mancia al ristorante, o nella soddisfazione di vivere in una bella casa vuol dire che abbiamo lavorato bene».

Partiamo da Visionnaire, recentemente diventata società benefit: che significa?

«Visionnaire è la prima delle mie società a diventarlo, ma sarà il destino di tutte le altre. L’obiettivo è cercare di ottenere non solo il beneficio degli azionisti, come un’azienda normale, ma anche della comunità e dell’ambiente. Per esempio tutti i dipendenti hanno avuto un’assicurazione sanitaria che prima era un beneficio dei dirigenti, poi prevediamo cinque giornate di volontariato a nostre spese da compiersi in associazioni scelte dai lavoratori. Ma c’è anche attenzione ai temi ambientali, sia per le materie prime che per l’assemblaggio, per cercare di abbassare le emissioni e il consumo di C02. Abbiamo anche presentato un campionario con tessuti e pelli certificate Eco Friendly, tra cui molte riciclate».

Come sta andando l’azienda?

«Il 2020 è stato un anno difficile, con vari stop, anche perché ci basiamo su 67 piattaforme produttive nei vari distretti di specialità. Nel 2021 però gli ordini sono cresciuti del 40% e il fatturato del 30%, fino a 40 milioni, con ordini sopra i 44 milioni, abbiamo recuperato i livelli pre-pandemia Per il 2022 abbiamo un portafoglio ordini importante e una richiesta crescente. Credo funzioni anche il nostro modello: noi proponiamo la “scenografia” con vari suggerimenti stilistici di fondo, e chiediamo ai designer di suggerirci gli “attori”. Se uno punta su un solo prodotto, qualcuno può copiarlo a costi minori, mentre è più difficile duplicare un linguaggio. Abbiamo anche investito 10 milioni per cinque filiali a Los Angeles, Miami, Londra, Dubai e Hong Kong».

Come si passa dalla famiglia ai fondi?

«Io e mia sorella Eleonore siamo la terza generazione, ha iniziato mio nonno nel 1959 con la Ipe, faceva le poltrone per le Lancia Fulvia e Flaminia. Poi già nel 1961 viene lanciata la serie Mercury, un successo che ha aperto la strada a una produzione per la casa a 360 gradi. Negli anni Duemila io e mia sorella ci siamo concentrati ancora di più su lusso ed estero, lanciando Visionnaire. L’ingresso dei fondi è stato gestito da me nel 2009, oggi hanno l’80%. A noi è rimasto il 20%, ma siamo noi a esprimere la parte stilistica dell’azienda».

Come arriva in Fonoprint?

«L’investimento nasce da una mia passione per la musica, da adolescente pensavo di poter diventare musicista, ero stato in Fonoprint a portare la mia musicassetta. Dopo la morte di Lucio Dalla, azionista di riferimento, alcuni amici mi portarono a visitare gli uffici, si respirava creatività. Fonoprint vuole essere uno studio di registrazione vero in un’epoca in cui la musica è digitale e i suoni sono campionati. Abbiamo raggiunto per la prima volta il pareggio di bilancio grazie ai tanti investimenti fatti e alle attività educative e accademiche. Siamo anche il primo studio certificato Dolby Atmos per la musica 3D: vorrei replicare anche al Celebrazioni tra 2022 e 2023, con un investimento da un milione».

Nei teatri entrate l’anno scorso, un momento complicato. C’erano prezzi d’occasione?

«Ho investito pensando che la situazione tornerà positiva nel medio periodo. Il teatro ha una funzione sociale molto importante: consente di incontrare altre persone e farsi portare dagli artisti in un altro mondo rispetto ai propri problemi. Per questo non può chiudere. Ma non è stata una speculazione. L’idea mi è venuta leggendo un articolo su Repubblica sulla crisi dei teatri: conosco Filippo Vernassa da anni, gli ho scritto per propormi come sponsor, poi ci siamo visti ed è nato tutto».

Bologna è una città su cui vale la pena investire?

«Credo proprio di sì, è sempre ai primi posti per qualità della vita e ha ancora possibilità di crescita importanti. Lo vedi dall’aeroporto e dalla fiera, c’è il Tecnopolo e i big data C’è stato un governo della città che ha portato avanti una visione efficiente e accogliente, legata anche a musica, cibo, cultura e arte. Qui abbiamo veramente tanto da dare, specie per chi come noi lavora su temi emozionali».

Marco Bettazzi, la Repubblica -17 gennaio 2022

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