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«Gli ultimi ingressi? Impreparati e non convinti»

La preoccupazione dei titolari di alberghi e ristoranti: «L’inattività della pandemia ha spento le forze, peggiorata la selezione del personale»

I mesi da incubo, i sacrifici, la paura di non farcela. Ora un nuovo barlume di speranze, ma con tante incognite all’orizzonte e la mancanza di forza lavoro che si fa sentire. A spiegare cosa significa tornare a lavorare dopo mesi di chiusure forzate e ‘stop and go’ sono direttamente loro, i titolari di ristoranti e alberghi. Ora, superato lo stallo del lockdown, il problema è trovare personale da inserire nei turni e per permettere una ripresa economica sufficiente non a coprire, ma almeno a tamponare i danni del Covid. E spesso, alla base, c’è una mancanza di formazione adeguata. «Sì, è verissimo, c’è carenza di personale preoccupante sia per quanto riguarda gli alberghi, che per i ristoranti – spiega Cristian Maini, titolare dell’hotel Re Enzo, del Rossini e del Mini Palace di Molinella –. Sono convinto che questo sia dovuto essenzialmente al fatto che viviamo in uno stato troppo assistenzialista. Vediamo dei sussidi davvero importanti, tanto da disincentivare le persone ad andare a lavorare, preferendo piuttosto percepire il reddito di cittadinanza o altri aiuti». 

Lo conferma senza mezzi termini anche Gabriele Gandini, grande tifoso rossoblù, ma soprattutto titolare dell’Aris bar: «Dal mio punto di vista è proprio questo la realtà, forse una parziale conseguenza della pandemia e di questo periodo di inattività che ha un po’ spento le forze: la selezione delle persone è peggiorata». Dopo il danno inflitto dal virus, la beffa, verrebbe da dire. «Le stesse agenzie di lavoro fanno fatica nell’aiutarci per trovare personale anche minimamente idoneo alla nostra professione – continua Gandini –. Io, ad esempio, richiedo almeno un’esperienza lavorativa all’estero, possibilmente in Inghilterra o negli Stati Uniti. Questo perché è di vitale importanza conoscere al meglio il lavoro che si andrà a fare. Non possiamo permetterci di fare diversamente. Già nel primo anno di pandemia abbiamo visto che con le aperture e chiusure a singhiozzo, con la continua sospensione delle attività, si era creata una specie di sfiducia. Poi sono arrivati sostegni particolari e altri aiuti, e alcune cose sono cambiate». 

E così sembrerebbe che, tra Naspi e reddito di cittadinanza, c’è chi preferisce «arrotondare con un lavoro in nero» sottolinea Gandini, «o dedicarsi a qualche lavoretto part-time per arrotondare». «Ora apriremo entro ottobre un’altra attività a San Lazzaro – conclude il gestore dell’Aris bar –, con ristorazione, bar, laboratorio di cucina, pasticceria, tutto il comparto food insomma. Ma devo ammetterlo: siamo preoccupati, perché il nostro organico, che oggi conta circa un centinaio di persone, non può ridistribuirsi in quanto fortemente indeboliti dagli ultimi ingressi. Parliamo di persone che non hanno convinzione di questo lavoro e non sono né preparati, né presentabili alla clientela. Giovani volenterosi, insomma, ma non pronti concretamente per lavorare».

Francesco Moroni, Il Resto del Carlino -23 giugno 2021

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