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Aitini: «No al commercio mordi e fuggi in centro»

Ascom e Confesercenti: «Serve un piano nazionale»

Via la paccotaglia di poca qualità dalle bancarelle dei centri storici. La proposta parte da Firenze dove la giunta di Dario Nardella ha varato un provvedimento che impone l’azzeramento dell’oggettistica e dei souvenir orientali con particolare riguardo ai prodotti cinesi. L’esempio del capoluogo toscano potrebbe far proseliti anche al di qua dell’Appennino. «La direzione è quella giusta» spiegano i direttori di Ascom e Confesercenti, Giancarlo Tonelli e Loreno Rossi. Semmai, il problema è come mettere in atto il provvedimento. A Firenze è prevista una gradualità che stabilisce per il primo anno una quota di prodotti italiani al 30% per poi salire al 60% il secondo anno e al 100% il terzo. Nella delibera si precisa che alla fine del triennio potranno essere venduti solo prodotti «fiorentini, toscani e comunque italiani». Insomma, una forma di mini-protezionismo con impronta fortemente granducale.

Si dice «d’accordissimo» con la misura fiorentina anche l’assessore al Commercio di palazzo d’Accursio Alberto Aitini. Il quale sottolinea come si sia già fatto un passo in questo senso quando il Comune ha approvato il “decreto Unesco” che blocca o limita il proliferare di esercizi in centro storico che offrono cibo “mordi e fuggi”, i cosiddetti “taglieri”, in quanto veniva snaturata la struttura commerciale della città. «Il principio è lo stesso per le bancarelie — spiega Aitini — anche se vorrei vedere come è stata costruita la delibera di Firenze in quanto, con la normativa che liberalizza parecchio queste attività, i paletti di legge sono tanti. Va quindi studiato come applicare questo principio. Se sarà fattibile, anche noi potremo imitare Firenze».

Provvedimenti a parte, come detto, le organizzazioni che rappresentano gli ambulanti dei mercatini, sono favorevoli al proponimento del capoluogo toscano. «La direzione è quella giusta — ripete Tonelli — anche se non mi nascondo che tecnicamente è di difficile applicazione in un mercato che ormai è invaso e quasi fuori controllo». Sulla stessa posizione anche Rossi che pone il problema dell’attrattività dei mercati ormai incagliati su un’offerta di basso livello e soprattutto omologata. «Sulle bancarelle non c’è più la qualità che sarebbe richiesta e nelle vie storiche il turista cerca la tipicità non la paccottiglia» spiega il direttore di Confesercenti. «Ne consegue — aggiunge — che i nostri mercati non sono più attrattivi dunque decadono». Il problema della qualità è stato anche al centro dell’attenzione di Palazzo D’Accursio negli anni pre-Covid in cui Bologna si è scoperta una vocazione turistica.

«Col Decreto Unesco abbiamo voluto tutelare le botteghe storiche — riprende Aitini — evitando che un negozio di mobili, un vecchio panificio o un ferramenta venisse spodestato dall’invasione di esercizi che offrono cibo di scarsa qualità. Sulla stessa linea — continua — si colloca questo provvedimento fiorentino anche se devo ammettere che nella città di Nardella le bancarelle sono molte di più che da noi. Qui abbiamo di fatto solo la Piazzola dove, per altro, la qualità è scesa vertiginosamente e oggi abbiamo solo circa il 15% di banchi in cui si vendono prodotti di qualità, mentre un tempo era il 90%”.

A suscitare perplessità tra i rappresentanti delle categorie è l’operatività di un provvedimento come quello varato dalla giunta Nardella. «Penso che occorrerebbe estendere una misura del genere a livello nazionale — giudica Tonelli — anche perché credo che anche i cinesi di Prato, che producono da noi, siano in difficoltà contro l’invasione dall’oriente di oggetti con prezzi molto bassi e quindi parecchio competitivi in un mercato liberalizzato».

E Rossi fa eco al collega: «Un provvedimento di questo tipo — afferma — andrebbe esteso a tutte le città turistiche». Ma come far convivere una misura di fatto protezionistica in un mondo che ha adottato il liberismo, sarà compito dell’ingegneria normativa dei Comuni.

Valerio Varesi, la Repubblica 31 dicembre 2020

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