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Serrande giù nei palazzi vip

Il direttore di Confcommercio Ascom Bologna Tonelli: «Dopo una risalita, la situazione sta di nuovo rallentando». Pesante il bilancio: Piazza Italia e Desigual non riaprono. La rinuncia di Alcott e Gutteridge al Capitol.

Quello che è davvero costato il lockdown da marzo, lo si sta vedendo con più chiarezza solo ora, sette mesi dopo. S’iniziano a notare alcune saracinesche all’ombra delle Due Torri che, rimaste giù in un primo tempo di incertezza, quando il mondo stava riaprendo lo scorso maggio e si rimaneva alla finestra per capire come sarebbe andata, non si sono più rialzate.

E’ il caso di Piazza Italia in via Indipendenza e Desigual in via Rizzoli. Ma la notizia che più colpisce, perché sulla carta sarebbe stata una possibilità per salvare un cinema storico della città, è che il progetto dietro al Capitol, annunciato tre anni fa dal nostro giornale con il racconto di Nunzio Colella, presidente di Capri srl, società che ingloba i marchi Alcott e Gutteridge (120 negozi nel mondo e 350 milioni di euro di fatturato nel 2017), si ferma per sempre.

E’ lo stesso Colella, raggiunto telefonicamente, a spiegare che «i tempi si son fatti troppo lunghi, il Comune rimandava i lavori continuamente e alla fine non ci è sembrato più conveniente portare avanti la visione per l’immobile di via Milazzo». Sfuma quindi la grande possibilità di salvataggio di una sala cinematografica storica di Bologna, che avrebbe sì perduto tanti spettatori, perché da 4 ambienti con 800 posti si sarebbe trasformata in un esercizio da 150 poltrone, ma sarebbe rimasta comunque sullo stemma cinematogafico della città come un fiore di celluloide.

Con in più un ristorante stellato al suo interno, due negozi d’abbigliamento come Alcott e Gutteridge e una concezione più innovativa della sala, con poltrone larghissime dotate di tavolino con abat-jour e un bar dedicato, per poter mangiare o bere durante la visione del film. Quello che poteva sembrare un escamotage per rimanere in regola con l’ordinanza comunale che vieta il cambio di destinazione d’uso totale dei cinema, era invece un progetto molto ben definito, che ha incontrato però troppi stop, tanto che ora, come informa Colella, «il nostro investimeto si è spostato su Milano, dove stiamo cercando degli spazi inediti per portare avanti le nostre idee».

Ma, oltre alle avventure più coraggiose che non partono, ci sono aziende che devono capitolare davanti alla crisi portata dalla pandemia. Piazza Italia, società partenopea (come Capri Srl) era arrivata in via Indipendenza 10 nel 2015, scegliendo come residenza di rappresentanza, una dimora prestigiosa e fresca di restauro come l’ex Palazzo Monte dei Paschi di Siena, con cinque piani dedicati a scarpe e abbigliamento per donna, uomo e bambino, ma oggi anche un brand solido del fashion retail italiano, deve battere in ritirata.

Proprio come il punto vendita di via Rizzoli del marchio catalano Desigual, divenuto celebre dagli anni Ottanta per lo stile molto colorato che inglobava graffiti e talmente in crescita nel profitto e nelle aperture, da affidare varie collezioni a Christian Lacroix e una linea a Le Cirque du Soleil. Presto si vedranno altre vetrine spogliate di vita, nel nostro centro storico sofferente dove è in stand by anche l’annunciata Conad ‘Sapori & Dintorni’ all’ex Monte di Pietà di via Indipendenza e dove hanno chiuso alcuni classici come la pizzeria La Brace in via San Vitale e due recenti novità (perché aperte dagli anni Dieci in avanti) come Botanica Lab cafè in via De’ Toschi e il bar Fiordaliso in va Nazario Sauro.

La responsabilità della bolla commerciale scoppiata, è certamente del Coronavirus che ha piegato l’economia: in questo nuovo mondo «senza turisti stranieri e con viaggiatori italiani che rimangono in città una o due notti», come sottolinea il direttore di Ascom Giancarlo Tonelli, c’è chiaramente meno bisogno di shopping. Soprattutto di quello generalista, verrebbe da pensare, da grandi magazzini senza una vera personalità. Perché oggi, più che mai, (o forse semplicemente come nella società ancora ‘sartoriale’ e del ‘fatto su misura’ del secolo scorso) il cliente ha bisogno di cura e originaltà. E chiosa il direttore di Ascom: «Dal 18 maggio c’è stata una ripartenza in salita con dati di fatturazione al 50%; con settembre e la riapertura delle scuole i segnali sembravano positivi, ma oggi la situazione sta di nuovo rallentando, mostrandoci un possibile autunno di preoccupazione, anche a causa del nuovo Dpcm che imporrà mascherine obbligatorie anche all’aperto e (ma speriamo di no) chiusure anticipate».

Benedetta Cucci, il Resto del Carlino, 6 ottobre 2020

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