Il settore ha registrato 8,2 miliardi di perdite mensili e si contano trecentomila posti a rischio nei pubblici esercizi. «Il governo intervenga in fretta»
Dopo tre mesi di lockdown i pubblici esercizi hanno lasciato sul campo 34 miliardi di fatturato. «E speriamo finisca qui», commenta Lino Stoppani, presidente nazionale Confcommercio Fipe (Federazione pubblici esercizi). Certo, i segnali della ripartenza ci sono, ma lo spettro di quei 8,2 miliardi di perdita mensili hanno lasciato aperte le ferite.
Anche perché degli 84 miliardi di fatturato di tutto il terziario, i tre quarti sono retaggio di alberghi, ristorazione, automotive e moda. «Sì – insiste Stoppani – sono numeri spaventosi. Almeno 50mila imprese sulle 300 mila complessive versano in grave difficoltà. Senza contare che ci sono 300mila posti di lavoro a rischio. Inutile nasconderci dietro un dito: questo è un vero e proprio bollettino di guerra. E le conseguenze sono di varia natura».
Stoppani cerca di elencarle. Parla di danni sociali che potrebbero evocare quanto accaduto in Francia con i gilet gialli visto che pubblici esercizi e i negozi di vicinato «hanno anche una funzione di tenuta del tessuto sociale». Ma c’è anche, aggiunge, un impoverimento e una dispersione delle professionalità per ricreare le quali «ci vorranno diversi anni».
Senza contare, poi, «il rischio concreto di infiltrazioni malavitose, perché sicuramente c’è qualcuno che penserà di usare questo nostro settore come “lavanderia”». Insomma, bisogna intervenire in fretta. Lo deve fare la politica, tuona Stoppani, con liquidità, indennizzi per l’occupazione e altri strumenti emergenziali. «Riteniamo infatti – aggiunge – che sia necessaria una politica governativa. Ho avuto modo di riferire al premier Conte e al ministro Franceschini, nel corso degli Stati generali, che il cibo rappresenta per l’Italia valori importanti sotto il profilo economico, della cultura, della storia. Nessun Paese può competere con noi sotto questi aspetti».
Stoppani si spinge oltre. E dice: «Non so se la soluzione sia l’istituzione di un ministero dell’alimentazione. Ma se così non fosse va comunque migliorata l’attuale organizzazione. Basti pensare che la ristorazione ha una governance diversificata: il Mise, l’Agricoltura e il Turismo. Va da sé, dunque, che servirebbe un’unica regia con una visione unitaria».
Per questo Confcommercio Fipe ha suggerito al Governo quattro linee di adozione per aiutare il comparto: l’innovazione e la trasformazione tecnologica, l’invesitmento sul capitale umano, la valorizzazione dell’identità e specificità italiana e la revisione delle regole «che devono essere uniche per noi, gli agriturismi e così via».
D.P., Up! Economia, 30 giugno 2020
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