I contratti pirata sono sempre di più. Confcommercio: il governo agisca

Riguardano 21mila imprese e 160mila lavoratori nel terziario e nel turismo. Sangalli: fenomeno preoccupante

Presso il Cnel ci sono, per il terziario e il commercio, “più di 1.000 accordi nazionali, ma solo una parte è sottoscritta da organizzazioni realmente rappresentative”. Ci sono, invece, circa 200 contratti collettivi che riguardano circa 160.000 dipendenti e oltre 21.000 aziende, che possono essere definiti contratti pirata e che determinano, per i lavoratori indicati, meno diritti, tutele ridotte, retribuzioni più basse. È la denuncia della Confcommercio che ha realizzato un’analisi secondo la quale i principali effetti del dumping contrattuale sono almeno 8.000 euro (ma si può arrivare anche a 12mila) di salario annuo lordo in meno, una “flessibilità accentuata senza garanzie” e un minor numero di ferie e permessi, rispetto al contratto tipico della confederazione con le federazioni di Cgil, Cisl e Uil.”Guardiamo con forte preoccupazione – avvisa il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli – al cosiddetto dumping contrattuale, un fenomeno che sta assumendo proporzioni sempre maggiori, soprattutto in alcune aree del nostro Paese, che mina le regole della concorrenza, svaluta il lavoro e crea disparità tra imprese e tra lavoratori. C’è, dunque, bisogno di rafforzare la collaborazione con i sindacati, ma soprattutto di una maggiore attenzione da parte del governo a cui chiediamo un impegno concreto per impedire l’applicazione di contratti sottocosto”.

Dalla stessa parte, contro la pirateria contrattuale, è Paolo Andreani, segretario generale della Uiltucs: “Confcommercio affronta nel migliore dei modi il tema. È inaccettabile che mentre le imprese corrette cercano di resistere in un mercato difficile, vengano legittimati contratti che sottraggono diritti. Contratti sottoscritti da sindacati grigi che alimentano il lavoro povero, con basse retribuzioni e povertà previdenziale a scandire un presente e un futuro inaccettabili”.

Nei comparti produttivi del terziario e turismo, si legge nel report, “si contano più di 250 contratti, ma la maggioranza dei lavoratori è coperta da pochi accordi collettivi, tra cui quello per terziario, distribuzione e servizi firmato da Confcommercio, il più applicato in Italia con circa 2,5 milioni di addetti”. L’ascesa dei contratti pirata – in molti dei quali, viene puntualizzato, “non c’è la quattordicesima” ed è quasi del tutto assente il “pilastro” del welfare e della bilateralità” per gli occupati – riguarda principalmente le micro-imprese e le cooperative e dilaga nel terziario e nel turismo, segmenti, si sottolinea, “strategici per l’economia e per l’occupazione” nella Penisola, generando pure “squilibri territoriali, perché si concentra nelle aree economicamente più fragili, soprattutto al Sud”.

Per arginare il dumping, Confcommercio propone di irrobustire il criterio del contratto collettivo “più protettivo” per la valutazione dell’equivalenza contrattuale. Per garantire l’effettiva applicazione dei contratti “di qualità” e contrastare le irregolarità e il lavoro povero, per la Confcommercio urge “potenziare l’attività ispettiva e gli strumenti di monitoraggio”, definendo una scheda di lettura comparativa degli accordi per “valutare verticalmente le discipline a contenuto protettivo del lavoratore, inclusi regimi di orario, periodi di riposo, straordinari e scatti di anzianità”.

Claudia Marin, QN – 2 ottobre 2025

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