La tecnologia in sanità non è mai neutrale: può salvare vite, ma se non mantenuta correttamente può diventare fonte di rischio per pazienti e operatori. Tra i dispositivi più delicati vi sono le apparecchiature elettromedicali, strumenti indispensabili per diagnosi, terapie e monitoraggio, la cui sicurezza deve essere garantita non solo al momento della messa in servizio, ma anche lungo tutto il ciclo di vita.
Cos’è un apparecchio elettromedicale?
Secondo la Norma CEI EN 60601-1, un apparecchio elettromedicale è un dispositivo elettrico che trasferisce energia verso o dal paziente, oppure rileva tale trasferimento, con finalità diagnostiche, terapeutiche o di compensazione di una malattia o menomazione. Ne fanno parte, ad esempio, elettrocardiografi, ecografi, defibrillatori, stimolatori neuromuscolari, apparecchi a ultrasuoni e laser terapeutici.
Un modo pratico per riconoscerli è verificare la targhetta identificativa: i simboli “B”, “BF” e “CF” indicano i diversi livelli di protezione contro lo shock elettrico. Gli apparecchi di tipo CF, ad esempio, garantiscono la massima sicurezza per applicazioni a contatto diretto con il cuore, limitando le correnti di dispersione entro i 10 microampere.
Perché sono necessarie le verifiche
La verifica di sicurezza elettrica non è un atto formale, ma uno strumento di prevenzione fondamentale. La norma CEI EN 62353 stabilisce che ogni apparecchiatura deve essere sottoposta a controlli:
- alla prima installazione (collaudo/accettazione),
- dopo interventi di riparazione o manutenzione,
- periodicamente, secondo un piano definito dal Datore di lavoro e dal Direttore sanitario, sulla base del rischio.
Il principio è semplice: un elettromedicale non conforme può esporre i pazienti a correnti di dispersione, mettere in pericolo il personale sanitario o compromettere la diagnosi e la terapia.
La frequenza dei controlli
Il CEI 62353 suggerisce intervalli minimi quando non esiste un piano organizzativo specifico:
- una volta l’anno per le apparecchiature in sala operatoria o in locali assimilabili (locali di gruppo 2 secondo CEI 64-8/710),
- una volta ogni due anni per gli altri dispositivi (locali di gruppo 1 o 0, laboratori, ambulatori).
In ogni caso, il fabbricante può stabilire periodicità diverse, da rispettare scrupolosamente.
Come si svolge la verifica
La verifica non si limita a un controllo visivo: è una procedura tecnica che comprende diverse fasi.
- Esame documentale: verifica della presenza di manuali, certificazioni, etichette leggibili e aggiornate.
- Esame a vista: valutazione di cavi, fusibili, parti meccaniche, accessori e integrità strutturale.
- Prove strumentali: misura della resistenza di terra, della resistenza di isolamento, delle correnti di dispersione, oltre a test funzionali specifici.
- Verbale finale: redatto dall’ispettore, certifica l’esito delle prove e costituisce il documento ufficiale da conservare ed esibire agli enti di vigilanza.
Il quadro normativo e le responsabilità
Il D.Lgs. 81/2008, in combinato con il D.Lgs. 46/1997 e il DPR 14/01/1997, classifica le apparecchiature elettromedicali come “attrezzature di lavoro”. Ne deriva un obbligo preciso: il datore di lavoro deve garantirne la manutenzione e sottoporle a verifiche periodiche e straordinarie.
La mancata esecuzione delle verifiche comporta sanzioni severe: dall’arresto da 3 a 6 mesi, fino ad ammende che superano i 7.000 euro, oltre alla responsabilità penale degli amministratori o soci responsabili.
Una questione di sicurezza (e di cultura)
Dietro gli articoli di legge e le norme tecniche c’è una realtà molto concreta: ogni verifica è un atto di tutela. Pazienti e operatori affidano la loro sicurezza alla certezza che un dispositivo funzioni correttamente e non rappresenti un pericolo occulto.
Investire in controlli periodici significa quindi proteggere vite umane, ridurre i rischi per le strutture sanitarie e garantire la qualità dell’assistenza.
Per ogni ulteriore informazione siete invitati a contattare l’ufficio Ambiente al seguente numero 051.6487659 o tramite mail a ambiente@ascom.bo.it