Tonelli (Ascom): «Nelle aree dei cantieri acquisti diminuiti fra il 15 e il 25%» Rossi (Confesercenti): «Dopo il Covid, lo shopping online si è consolidato»
A tre settimane dall’inizio dei saldi estivi è tempo di fare un primo bilancio. Certo, il 2025 è un anno segnato da un ineluttabile calo dei consumi – l’instabilità geopolitica mondiale in testa ai fattori -, ma Bologna sta mantenendo le aspettative, posizionandosi al di sopra della media nazionale. E anche se non aspettiamo più il tanto agognato capo d’abbigliamento scontato, osservando la vetrina come Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, non si può dire che i bolognesi non continuino a togliersi qualche sfizio sfruttando l’arrivo della stagione estiva. Secondo quanto stimato da Confcommercio Ascom, infatti, i saldi stanno segnando una «boccata d’ossigeno» per i negozi. Bologna rispetta a pieno le previsioni, «facendo addirittura meglio della media nazionale – sottolinea Giancarlo Tonelli, direttore generale di Confcommercio Ascom -, con una spesa media di 240 euro a famiglia contro i 203 euro spesi a livello nazionale». L’avvio dei saldi estivi, il 5 luglio, «non ha favorito le vendite iniziali, complice la partenza per il weekend – prosegue Tonelli -. Tuttavia, già dal lunedì successivo si è registrata una ripresa».
Ma, come anticipato, il 2025 è un anno particolare, l’aumento dei costi di materie prime e servizi non ha colpito solo il settore del commercio alimentare. Nella città metropolitana di Bologna, «il calo medio delle vendite si attesta attorno al 10%, ma nelle aree interessate dai cantieri (come le due linee del tram o la zona della Garisenda) oscilla tra il 15 e il 25%», evidenzia il direttore di Ascom. Che la partenza della stagione dei saldi non sia stata esplosiva, lo conferma anche Loreno Rossi, direttore generale di Confesercenti Bologna. «Dopo il Covid, l’acquisto online si è consolidato, soprattutto tra i giovani – spiega -. I saldi estivi hanno avuto una partenza debole. Alcuni negozi hanno registrato vendite simili allo scorso anno; altri, dopo tre settimane, evidenziano un calo rispetto allo scorso anno, con riduzioni medie delle vendite tra il 5 e il 15%».
Rossi pone anche l’accento sul tema dei dazi internazionali. E non si riferisce soltanto alla guerra commerciale che Trump sta dirigendo. «Quando si parla di dazi stranieri si teme per l’export – aggiunge -, ma per anni il commercio ha pagato un dazio interno, sotto forma di concorrenza fiscale sleale da parte dei giganti del web che pagano tasse all’estero. E nessuno è mai intervenuto seriamente». Insomma, ai problemi che spostano gli equilibri mondiali, si affiancano le abitudini di consumo, radicalmente cambiate. «Si spende meno in abbigliamento e di più in viaggi, turismo e ristorazione – dice Rossi -. L’ascesa dell’e-commerce non ha fatto altro che accelerare questo processo». Negli ultimi anni, poi, le botteghe storiche e i negozi di commercio al dettaglio sono calati di circa il 20%, dentro e fuori le mura. «Segnale di un fallimento di mercato – commenta Rossi – Quando chiudono, si perde un presidio sociale, un punto di riferimento soprattutto per gli anziani che fanno più fatica a raggiungere i grandi centri commerciali o a fare acquisti online. A questo, si aggiunge poi il tema degli affitti, che continuano a salire e il tema del ricambio generazionale, che spesso manca».
Amalia Apicella, Il Resto del Carlino – 28 luglio 2025