La Drogheria della Pioggia tra le più antiche in città
Passione, reputazione, storia. Le tre voci per resistere nel tempo. Anni, decenni, secoli. La Drogheria della Pioggia è sempre lì, pare dal Seicento. Il nuovo mondo commerciale, merceologico e sociale non l’ha spazzata via, costretta alla chiusura, alla dismissione, come sta invece accadendo a tante altre botteghe storiche. Il segreto? Sono tre, quelli descritti e suggeriti dai fratelli Sarti, Luca e Stefano, e dal collaboratore di sempre Gianluca Facchini.La città si è trasformata, la mobilità è cambiata, il digitale sta ribaltando tutto. «Con l’osteria dei Scie e la ’ Coroncina, ancora attive, dovremmo essere tra i più antichi della città», dice Luca dentro nel suo raffinato grembiule palermitano, come ? gli altri del resto. «Questo invece, con le Due Torri in vista, l’ha mia figlia Angelica, “fashion designer». Che non ‘ porterà avanti l’attività come fecero suo padre e suo zio con
papà Renato, esperto del settore che la rilevò.nel 1967, già , protagonista dell’omonima ‘ piazzetta con la Macelleria, il bar e altri due esercizi spariti (uno era è il circolo Pd). 1 «Nessuno vuole fare questo ‘ lavoro. Gli apprendisti che arrivano col mio tutoraggio nelle scuole non ne vogliono’ mezza. Qui lavoriamo 70 ore la settimana, in tre. Per mia figlia è diverso: non posso darle quello che dava a noi mio padre all’inizio. Se per la burocrazia nel ’70 spendevi 10, oggi davvero ne spendi 1000, ‘ non scherzo. Non c’è margine. Anche nei guadagni: un tempo potevi risparmiare, comprare una casa, oggi no». Però si resta aperti. «Solo perché siamo appassionati, solo perché ci piace questo lavoro
‘ e tiriamo fuori tre stipendi», dice Stefano. Al dettaglio. ‘L’esatto opposto della grande distribuzione. La Drogherie è agli antipodi. «Mio padre implementò e aggiunse nuovi prodotti a quelli che c’erano e noi abbiamo continuato.
Da 3000 tipologie siamo passati a 10 mila e sempre di più. Caramelle, saponette, liquirizia, detersivi, the, spezie, acqua, tanto tantissimo. Peri 280 tipi di cioccolato è stato realizzato un espositore in legno ad hoc. «Continuiamo a ricercare e anticipare le mode: fiere, fornitori, poco social». Tipo? ‘ «Con il cake design trovammo un’infinità di ingredienti particolari. Oppure le“ spezie, la frutta e le salse essiccate» .i Sarti trovano tutto, senza pc. «E offriamo consulenza, consigli, dialogo. Parliamo». Un plus in via d’estinzione.«I negozi qui sono cambiati, si mangia ovunque, ci sono sempre meno artigiani, tanti grandi magazzini. Noi però risentiamo soprattutto della mobilità, del passaggio che è assai inferiore che in passato quando via Falegnami era aperta (ora è pedonale solo con ristoranti). Un divieto, un cantiere può cambiarti la vita. Su questo punto siamo messi male, qui è un problema». Anche se siamo vicini passeggio di via Indipendenza. «Da noi vengono bolognesi di una certa età che non si muovono con agio e poi diver si turisti, affascinati ma che comprano poco poco.A Bologna si arriva con Ryanair eh. Una volta mi hanno comprato una caramella, 20 cent, e se la sono divisa». La resistenza è quindi anche nella qualità, umana. «La storia del negozio, che parte dal Seicento, e la nostra reputazione. Abbiamo lasciato ia mobilia com‘era anche quando sono entrate nove norme di sicurezza etc, abbiamo speso tanto, è stata una scelta precisa». Chi entra è ammirato. «Non abbiamo chiesto il vincolo, i muri sono nostri, un domani ci avrebbe legato le mani». si perché oltre alla mobilità e alla burocrazia (e la concorrenza delle piattaforme e degli iper), il vulnus del le botteghe storiche è quello della successione. Si chiude perché dietro non c’è nessuno che voglia proseguire. E perché i ricavi sono profondamente cambiati. Alla faccia dei taglieri però, finché si può si resiste.
Corriere di Bologna, 27 luglio 2025