Nicoletta Maldini, titolare della libraria Trame di via Goito: «Nei libri trovo i parametri della felicità»
Legge oltre 180 libri all’anno, uno ogni due giorni, e ne vende circa 14mila, quaranta ogni qual volta che tira su la saracinesca della sua piccola resistente libreria. Trame in via Goito. «La mia isola felice» aperta dal 2005, è andata per la prima volta in attivo nel 2020, l’investimento iniziale sarà pareggiato fra 5 o 6 anni ancora e solo dal 2018 Nicoletta Maldini riesce a darsi uno stipendio: per tredici anni ha lavorato gratis, vivendo per i libri tra i libri nei libri, ma non coi libri. Trovate una definizione migliore di passione. È come Willy Wonka nella sua fabbrica di cioccolato: «Per me è un mestiere vocazionale».
Si emoziona e commuove, sul serio, a raccontare le trame. Lo sa chi l’ha ascoltata per 21 anni su Radio Città del Capo e ora su Neuradio il mercoledì (15-17). «Io leggo e sono felice. Ho bisogno di qualcuno fuori di me a dirmi che vale la pena di fare tutta ‘sta fatica di vivere. Nei libri trovo i parametri della felicità. I libri sbobinano quel che non capisco del quotidiano. Nei libri puoi metterti nei panni di qualcun altro. I libri non ti permettono di negare l’evidenza». Vendere è nel Dna di famiglia. Abiti, però. La nonna materna era la Nicoletta dell’omonima storica boutique uomo di via Ugo Bassi, quella che lanciava impermeabili allo stadio, i genitori erano i titolari di Maldini (dal 1980 al 2012) in via Volturno accanto all’armeria, con cui avevano il bagno in comune, assaltata dalla banda della Uno Bianca («Mio padre fu il primo a entrare, e trovarli»).
Nicoletta, dopo pantaloni e golfini, vende romanzi da trentatré anni: commessa da Rizzoli di via Altabella, poi alla Cappelli di piazza Galvani, poi alla Duomo di via Indipendenza (tutte chiuse…) e dal 2005 a Trame («C’è anche l’idea del tessuto nel nome») fondata con Orsola Mattioli e Anna Vezzoli in cooperativa. Avrebbero voluto rilevare la videoteca Balboni di via Saragozza (assecondando un’altra febbre, quella del cinema: la Nico è attiva anche nel Cineclub Bellinzona da dieci anni. Alla fine affittarono questo spazio nel cuore del centro dove prima c’era un negozio di giochi di ruolo, sempre settore fantasia. Ben presto si resero conto che coi libri non ci mangiava neanche una, figurarsi tre. E così in trincea è rimasta Nicoletta. Oggi 61 anni, «a tirar la cinghia: siamo una famiglia a basso consumo».
Maturata allo scientifico Righi, due anni di Economia e commercio, poi la sterzata decisiva. Un anno a nord di New York nel Vassar College come lettrice d’italiano e la laurea al Dams con Roberto Grandi in comunicazione di massa. «Mia madre nonostante i quattro figli la ricordo sempre con un libro in mano. Mio padre ne aveva oltre diecimila, li teneva anche in negozio. Ho sempre vissuto nelle storie». Si illumina ancora oggi ricordando il momento in cui Jo di Piccole Donne si taglia i capelli («Una rivoluzione, gesto di una potenza incredibile»), una folgorazione come quando sentì un deejay, un certo Vasco Rossi, lanciare a Punto Radio una certa Bom to Run: «Un’esplosione nella testa». L’amore per Bruce Springsteen («Ho i tre biglietti per tutte le tappe italiane del tour») e per la musica, altro capitolo. Nel 2009 dopo il concerto di Udine sono capitata a cena con tutta la band del Boss. Quando si è rivolto a me non sono riuscita a spiccicare parola, paralizzata».
Suo marito è Francesco “Ted Nylon” Garbati dei Lino e i Mistoterital, rock demenziale anni Ottanta, lanciati da Renzo Arbore agghindati alla Sgt. Pepper. Ora Checco fa musicoterapia per adulti con disagio al centro diurno Tasso e hanno due figli all’università. Nicoletta strimpella il basso («ma solo in mi») e scrive, ma solo per sé. «Avrò da parte una cinquantina di diari da quando avevo nove anni e mi piace anche scrivere su Facebook, ma a pubblicare qualcosa non ci penso nemmeno. Cosa vuoi che abbia mai da dire o inventare? La gente pensa che più vive e più abbia qualcosa da raccontare. Ma bisogna aver fatto studi complessi e aver avuto una vita ricca per saperne trasmettere una sintesi, come Katherine Rundell, Giulia Caminito o Marjane Satrapi, solo per citare autrici che ho conosciuto. Ogni tanto passano qui in libreria giovani scrittori a propormi i loro libri e io mi chiedo: benedetto ragazzo, ma hai letto un romando di Simenon prima di metterti a scrivere? Perché non ti accontenti di stampare 50 copie in tipografia da distribuire ad amici e parenti?».
Voi siete tanti a scrivere e io uno solo a leggere, protestava il postino Troisi con il poeta Neruda. Ma Nico accetta la sfida: «Ogni anno passano in libreria circa dodicimila titoli. Su ognuno abbiamo un margine del 30%, il massimo di sconto che posso fare ai clienti affezionati è il 5%. Per fortuna la legge sul libro finalmente ora impone il limite del 15% di sconto alle grandi catene, che ne facevano anche il doppio, ma io comunque come posso dare la metà del mio guadagno? E-book e Amazon ci hanno ammazzato, eppure per la comunità faccio più io di Amazon. Di sicuro pago più tasse. E credo nella relazione col territorio. Se voglio una pizza scendo sotto casa e non vado su Just Eat: le attività commerciali tengono vive le nostre strade. Ma nonostante tutto resto ottimista, a Bologna ci sono ancora tante librerie indipendenti che resistono. E poi basta pensare a Charles Dickens e tutto sembra più facile».
di Emilio Marrese, La Repubblica, 15 gennaio 2023
Oggi al convegno “Connessioni 2024: Valorizzare la tradizione, innovare il presente, ispirare il futuro”