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Voci dalla città: Marco Cremonini, Lina Galati Rando e Luigi Pucciarelli

Il Presidente Federmoda Emilia-Romagna e Bologna: «Il paradosso: negozi aperti ma vuoti», la Vicepresidente Confcommercio Ascom Bologna: «Si rischia un futuro di colore nero», il Presidente Autorimesse Confcommercio Ascom: La crisi di un settore

Marco Cremonini – La zona arancione rafforzata è purtroppo arrivata anche nella nostra città. Gli spostamenti si sono ridotti ed è fondamentale evitare assembramenti, rispettare le regole e prendere le giuste precauzioni. In questo contesto difficilissimo, in cui si invitano le persone a rimanere a casa, i negozi restano aperti. Aperti, ma senza clienti. Una contraddizione che non ci permette di lavorare, ma non ci consente neanche di ottenere i dovuti ristori. Una situazione paradossale, un limbo nel quale siamo piombati e dai cui dobbiamo uscire. Se la pandemia è in una fase critica per cui si chiede alle persone di rimanere a casa e di conseguenza si abbattono i consumi, devono essere previsti ristori adeguati per tutte quelle attività impossibilitate a lavorare. Sono tanti, infatti, i negozi di abbigliamento aperti anche in zona rossa, ad esempio per la vendita dell’intimo, ma la loro si trasforma in una mera attività di servizio alla cittadinanza, con ricavi pressoché vicini allo zero. Da parte nostra, quindi, continueremo a garantire il rispetto di tutti i protocolli anti-Covid, per permettere ai nostri clienti di venire nei negozi in sicurezza. Così come garantiamo la possibilità di servirsi del servizio a domicilio di capi d’abbigliamento. Alle istituzioni chiediamo, invece, regole rispettose del nostro lavoro, garantendo ristori adeguati per tutte quelle attività, aperte anche in zona rossa o arancione scuro, ma condizionate dal divieto di spostamento e dagli inviti a rimanere in casa. Alla Regione chiediamo anche di attivarsi e accelerare con il piano vaccinale, perché solo così si potrà tornare a una situazione il più vicino possibile alla normalità.

Presidente Federmoda Emilia-Romagna e Bologna

Lina Galati Rando Un arancione scuro che sa di rosso. Le ulteriori limitazioni agli spostamenti, infatti, hanno messo Bologna e la Città metropolitana sullo stesso piano di quei territori che sono caratterizzati da ‘scenari di massima gravità’. Ovvero, zona rossa. Se i cittadini possono muoversi, solo ed esclusivamente per ragioni di lavoro, necessità e salute, allora è evidente che lasciare aperte le attività commerciali e di servizio diventa una foglia di fico. A fatturato pressoché azzerato, i costi fissi aziendali restano invariati e questo non può che pesare sul bilancio di migliaia di imprese del Terziario che, al contrario, avrebbero bisogno dell’esatto opposto: poter lavorare, ridimensionando quanto più possibile le uscite. Già nelle settimane scorse la nostra associazione aveva denunciatoe come la zona arancione, per quanto lasciasse aperti i negozi, rappresentasse di fatto per i Comuni della cintura una zona rossa mascherata, venendo meno la possibilità di accogliere clientela da fuori. Oggi, l’unica cosa che conta sono le risorse e i risarcimenti da mettere in campo per scongiurare l’implosione di un intero sistema. Ed evitare che questo arancione scuro sulla carta, ma rosso nei fatti, diventi un nero senza futuro.

Vice presidente Confcommercio Ascom Bologna

Luigi Pucciarelli Pur non obbligate a fermare l’attività dai Dpcm, le autorimesse stanno vivendo una crisi economica che rischia di diventare irreversibile. La nostra attività, infatti, si basa sullo spostamento delle persone. Impedendo la circolazione della gente le istituzioni ci hanno condannato a una chiusura di fatto, se non per casi eccezionali, che però rappresentano una percentuale risibile della nostra clientela abituale. È innegabile, infatti, che le autorimesse, in un anno di pandemia e di restrizioni, hanno visto calare in modo considerevole i loro fatturati, fino a far registrare anche un -80% rispetto al 2019. Al contrario di quanti si sono dovuti fermare per decreto, però, queste attività non possono e non hanno potuto godere dei ristori. È una situazione insostenibile la nostra, che chi ci governa dovrebbe tenere in considerazione. Non si possono negare gli aiuti economici a una intera categoria nascondendosi dietro alla possibilità di rimanere aperti, se poi non si permette alle persone di spostarsi. Perché senza spostamenti non si lavora in quanto senza persone non ci sono clienti. Per questo motivo chiediamo che anche per la nostra categoria siano previsti ristori adeguati, che tengano conto del calo di fatturato registrato a causa delle restrizioni. Non si può continuare a far finta di nulla e a non vedere la crisi in cui versano le autorimesse, penalizzate e mai ristorate ad oggi. A differenza di altre categorie, infine, la nostra ripresa sarà molto più lenta perché legata ad attività, come le fiere, i congressi e più in generale il turismo, per cui non si intravede ancora una ripresa certa.

Presidente Federazione Autorimesse Confcommercio Ascom

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