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Il commercio a bocca asciutta. Ascom: il 15% a rischio chiusura

A suonare l’allarme è Enrico Postacchini, presidente di Confcommercio regionale e di Ascom Bologna che conta circa 80mila associate

Mentre l’Emilia-Romagna ancora galleggia fra zona arancione e gialla, una cosa è certa: dietro le vetrine addobbate per Natale c’è un esercito di titolari che non avrà alcun ristoro nonostante le ingenti perdite. Perora, infatti, delle 398.989 attività iscritte ai registri delle imprese delle Camere di Commercio hanno beneficiato degli indennizzi previsti per la seconda ondata Covid solo quelle realtà, circa il 30% del totale, che sono state costrette a chiudere o a ridurre le proprie attività. Bar, ristoranti e alberghi in primis. Resta, però, un’infinità di negozi che risulta invisibile agli occhi del governo che sembra non pensare a chi ha sì la serranda alzata ma che, complici le restrizioni negli spostamenti, si ritrova una clientela ridimensionata se non addirittura inesistente. Soprattutto se il settore merceologico non rientra nei prodotti di prima necessità.

A suonare l’allarme è Enrico Postacchini, presidente di Confcommercio regionale (e di Ascom Bologna) che conta circa 80mila associate. «A parte qualche eccezione che attende i bonifici dall’estate, quasi tutti i bar isti e ristoratori hanno ricevuto i ristori dovuti. Tutti gli altri si devono accontentare della moratoria fiscale che però non serve ad altro che a galleggiare e a pagare dipendenti e fornitori». «Purtroppo anche il 2021 sarà un anno a singhiozzo — aggiunge — e c ’è già chi “balla”: circa il 15% delle nostre imprese ha abbassato la serranda, si spera solo temporaneamente».

«Il governo purtroppo sembra annaspare senza una visione a lungo termine — conclude — e anche le risorse che potrebbe portare il Recovery Fund ai territori non arriveranno prima del 2022. Ma il nostro mestiere è fare lobby e proveremo a far sì che arrivino aiuti anche a chi non li ha ricevuti». Secondo gli ultimi dati di Unioncamere, anticipa il presidente anche dell’Aeroporto, che lo scorso anno aveva conosciuto numeri di passeggeri e, dunque, di turisti-acquirenti record, «le nostre attività hanno avuto un calo generalizzato medio del 30% indi per cui esiste anche chi ha visto riduzioni di fatturato dell’80-90% e che, probabilmente, se resiste è grazie al tesoretto accumulato nel 2019».

Anche la fotografia scattata da Marco Pasi, direttore di Confesercenti Emilia-Romagna, è simile: «Tutte le imprese che avevano diritto al bonus di maggio l’hanno ricevuto, così come quasi tutte le aziende di cui l’Agenzia delle Entrate aveva già i dati bancari e che rientravano nel decreto Ristori uno e bis». Rimangono ancora in attesa, «diverse aziende che hanno dovuto procedere con la domanda perché inseriti ex novo. Il terzo decreto Ristori, che ha aggiunto i negozi di abbigliamento e calzature, qui non ha invece avuto efficacia in quanto il commercio entra nei ristori solamente se la regione è in fascia rossa». «Il Ristori quater — ci tiene poi a dire — ha inserito diversi codici Ateco di agenti di commercio e procacciatori d’affari che era delle richieste avanzate da Confesercenti».

Secondo Pasi rimangono, però, una serie di problemi: «Sono stati per esempio dimenticati i codici Ateco del commercio al dettaglio di fiori e piante, colpiti indirettamente dalle misure restrittive alla circolazione delle persone e che, di riflesso, perde così anche il diritto al bonus affitti».

Alessandra Testa, Corriere di Bologna 4 dicembre 2020

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