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Zita, la trattoria delle donne. “Noi, come la nonna nel ’40 tra la via Emilia e le lasagne”

“Non saprei dire quando abbiamo cominciato, da che mi ricordo io sono sempre stata qui. A dieci anni portavo il pane e la bottiglia d’acqua ai tavoli, oggi sono ancora orgogliosamente nel mio locale». Quella della Trattoria Zita è una storia di donne in cucina che dal 1940 arriva fino a noi: 85 anni di tortellini preparati a mano e lasagne, arrosto di vitello e pollo al forno, zuppa inglese e fior di latte. «Ma anche di fatica e gambe gonfie, ore e ore di lavoro, per garantire un servizio professionale ai clienti».

Cristina e Silvia Setti sono le eredi di questo piccolo regno della ristorazione al femminile, su una via Emilia Ponente che di cambiamenti ne ha visti tanti. Ultimi in ordine di tempo, quelli legati ai lavori del cantiere per il Pontelungo e per la linea del tram. Ma, temprate dal dna della nonna Zita, scesa a valle da Spilamberto in cerca di fortuna negli anni della guerra, le due sorelle Setti stanno passando indenni anche questo momento. «Abbiamo molto temuto per l’autunno che è la stagione più importante per noi e invece è andato tutto bene», dice Cristina. «Ora il cantiere è dalla parte opposta della strada rispetto alla trattoria, ma nonostante sensi unici alternati e corsie preferenziali non ne abbiamo risentito, anzi la zona mi pare molto in evoluzione con l’arrivo di nuove famiglie e noi siamo contente».

Sarà che qui i clienti sono di casa, «un po’ storici come noi», scherza la titolare. «Ho gente che viene a mangiare da 40 anni: prima erano ragazzine, adesso vengono le loro figlie». Oppure che alcuni turisti, i più curiosi, vanno controcorrente lasciandosi alle spalle i locali del centro: «Non ci sentiamo periferiche, del resto qui noi ci siamo nate e cresciute, abitavamo al piano di sopra. I turisti che vengono si vantano di essere in un locale poco alla moda e si fanno guidare nella scelta dei piatti».

Non in questi giorni natalizi però, perché anche in questo La Zita è un mondo a parte. Sono chiuse. «Riapriamo il 6 gennaio, in un giorno di festa per i nostri clienti, poiché altrimenti ci sgridano che siamo in ferie». Ben guadagnate perché qui in Santa Viola fanno tutto loro due. «Sudore e muscoli, 14 ore di lavoro al giorno, c’è poca poesia in questo mestiere che amiamo molto, ma è altrettanto duro». Si dividono in cucina e in sala, fanno sfoglia e dolci, mettono le carni sul fuoco, gli ordini dai fornitori, puliscono e tengono dietro ai conti. «Per fortuna io e mia sorella andiamo d’accordo, ci basta uno sguardo per intenderci, lavorare qui dentro fin da ragazze ci ha molto unito».

La Zita è sempre stata gestita da donne. La prima fu la nonna Zita, «mai conosciuta perché morta prima che io nascessi», che rilevò una vecchia bottega di friggitoria. Nelle mani della zia Elda, la trattoria fece le prime fortune. Toccò poi alla mamma Lina insegnare alle figlie le ricette della tradizione emiliana, che qui si mangiano con un menù suddiviso secondo i giorni della settimana. «Sudore e fatica, ma gran passione», ripete ancora Cristina Setti, che proprio ieri ha compiuto gli anni. Come il suo locale in questo 2025, i suoi non si possono svelare, quelli de La Zita sì: 85 anni dalla parte delle donne. Un matriarcato gastronomico che ancora oggi custodisce un segreto: la ricetta del coniglio di mamma Lina.

di Sabrina Camonchia, La Repubblica Bologna, 24 dicembre 2025

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