Il presidente di Confcommercio torna a sottolineare sulle pagine del Sole 24 Ore l’importanza di estendere la detassazione degli aumenti contrattuali: “possibile spinta ai consumi e alla buona contrattazione”.
«Serve un segnale forte da parte del governo per generare maggior fiducia e far crescere la propensione al consumo. Ecco perché è fondamentale ampliare il meccanismo di detassazione degli aumenti retributivi derivanti dai rinnovi contrattuali anche ai contratti comparativamente più rappresentativi rinnovati nel 2024 che hanno effetti nel 2026».
Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, rinnova la richiesta al Governo di estendere la misura della manovra che introduce la cedolare secca del 5% sui soli rinnovi sottoscritti nel 2025 e nel 2026 per i redditi fino a 28mila euro. «Ci aspettiamo che questa richiesta venga accolta perché ha un costo esiguo – aggiunge Sangalli -, qualcuno la stima in circa 70 milioni di euro, e va nella direzione di rafforzare i redditi dei lavoratori e sostenere i consumi delle famiglie che sono il `tallone d’Achille’ della nostra economia. Escluderla dalla manovra significherebbe tagliare fuori oltre 5 milioni di lavoratori del terziario e dei servizi, una distorsione incomprensibile che penalizzerebbe famiglie, imprese e l’intera economia. E indebolirebbe ruolo insostituibile dei corpi intermedi».
Il riferimento è al Ccnl terziario, distribuzione e servizi, il contratto più applicato in Italia con oltre 2 milioni e mezzo di lavoratori rinnovato nel 2024, nello stesso anno sono stati rinnovati i contratti del turismo, pubblici esercizi e ristorazione, alberghi, agenzie di viaggio, che riguardano oltre i milione e mezzo di lavoratori, e il Ccnl della logistica, spedizione e trasporti. Contratti che prevedono, appunto, tranche di aumenti anche nel 2026. L’estensione della cedolare secca sugli aumenti dei rinnovi del 2024 avrebbe un impatto sui consumi, in una fase come l’attuale in cui – aggiunge Sangalli – «nonostante qualche segnale di risveglio, evidenziata dalla Congiuntura del nostro Ufficio Studi, si conferma la poca dinamicità dei consumi, in particolare per le voci di spesa tradizionali come abbigliamento, alimentari e auto». Altro aspetto, è quello del sostegno alla contrattazione di qualità, che coinvolge associazioni rappresentative: «I cosiddetti contratti “pirata” mediamente fanno perdere ad ogni lavoratore circa 8milaeuro l’anno rispetto al Ccnl di Confcommercio e hanno zero strumenti di welfare. Per non parlare del danno economico che generano nei confronti dello Stato con una perdita di gettito contributivo e fiscale pari a 553 milioni l’anno. Rafforzare i Ccnl rappresentativi significa anche costruire un mercato del lavoro più giusto», conclude Sangalli.
di Giorgio Pogliotti
dal Sole 24 Ore del 19 dicembre 2025