Il presidente Sangalli dall’assise di Bologna: «Le imprese di prossimità sono un presidio»
«Le città non possono essere lasciate senza una visione: serve un’agenda urbana nazionale, chiara e stabile, che consideri commercio, turismo e servizi come un vero bene comune». Così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha aperto la due giorni di «InCittà-Spazi che cambiano, economie urbane che crescono», l’assise nazionale dell’associazione a Palazzo Re Enzo alla presenza, tra gli altri, del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, del presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, del presidente della Regione Michele de Pascale e del sindaco Matteo Lepore.
Sangalli ha richiamato «la fragilità della domanda interna», ricordando che «in 12 anni hanno chiuso oltre 140 mila esercizi commerciali», e ha ribadito come le imprese di prossimità rappresentino «un presidio insostituibile di sicurezza, coesione e qualità della vita». Da qui l’appello a «regole chiare ed eque», anche per affrontare fenomeni come abusivismo, contraffazione, e-commerce «senza equilibrio» e affitti brevi «che, senza limiti, alimentano overtourism , crisi degli alloggi e squilibri urbani». Il declino urbano che va contrastato non è una battaglia di categoria, ma è una responsabilità condivisa e quindi tutti insieme, territori, imprese, istituzioni. La città è un bene comune e i beni comuni vanno difesi, vanno tutelati», ha aggiunto Sangalli.
Gli immobili in quartieri colpiti dalla desertificazione commerciale valgono il 16% in meno rispetto a quelli in aree mediamente servite, dice l’indagine realizzata in collaborazione con Swg. Il differenziale complessivo può arrivare al 39% se paragonato ad abitazioni situate in zone ricche di negozi. Negli ultimi dieci anni — evidenzia lo studio — gli italiani hanno percepito con crescente chiarezza la chiusura di attività di quartiere: il 55% ha notato la scomparsa di negozi di articoli sportivi, librerie e giocattoli, il 49% di abbigliamento, profumerie e gioiellerie, il 46% di ferramenta e arredamento, il 45% di alimentari. L’80% degli intervistati prova tristezza nel vedere saracinesche abbassate e il 73% collega il fenomeno al calo della qualità della vita. Solo farmacie e pubblici esercizi appaiono in controtendenza.
Secondo l’indagine, bar e ristoranti costituiscono il principale elemento che contribuisce alla qualità della vita urbana (78%), seguiti da spazi verdi (66%) e negozi (65%). Le attività di quartiere sono riconosciute come attivatori di socialità (64%), garanzia di cura degli spazi pubblici (62%) e presidi di sicurezza (60%). Nonostante la crescita dell’e-commerce, il 67% degli italiani dichiara di volere più negozi di vicinato per ridurre gli spostamenti e il 68% vorrebbe un mix di piccole e medie attività per avere maggiori possibilità di scelta.
«Abbiamo bisogno di una strategia per valorizzare e difendere la rete commerciale e territoriale. Dobbiamo farlo con tutte le leve», ha detto de Pascale. «Oggi la risposta più forte che un cittadino italiano può dare per rispondere ai dazi — ha concluso — è non consumare sulle piattaforme digitali, ma farlo nei negozi di prossimità nelle proprie città. È un messaggio culturale prima ancora che economico». Oggi l’ultima giornata dell’evento. Tra i tanti ospiti anche il cardinale Matteo Zuppi.
di ma. mad., Corriere di Bologna, 21 novembre 2025