Fipe, 80 anni di impresa al servizio del Paese

In occasione dell’assemblea annuale la Federazione italiana pubblici esercizi ha celebrato  ottant’anni di storia e rappresentanza, riaffermando il valore dell’impresa come motore di sviluppo economico

La Fipe ha dedicato la sua Assemblea annuale al tema della “Impresa come bene comune”, riaffermando che l’attività imprenditoriale non produce solo ricchezza, ma contribuisce al benessere collettivo, alla creazione di lavoro dignitoso e alla crescita del Paese e confermando la responsabilità sociale e il valore civico delle imprese nel contesto nazionale. La parte pubblica dell’evento è stata caratterizzata dagli interventi del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, dal presidente della Fipe, Lino Stoppani e dalla “lectio magistralis” del Presidente Emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato

Sangalli: “Confcommercio e Fipe, 80 anni di impresa per il Paese”

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha fatto gli onori di casa all’Assemblea annuale della Fipe. “Quest’anno – ha esordito Sangalli – condividiamo un compleanno importante: Confcommercio e Fipe festeggiano 80 anni di storia. E la presenza del Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, è davvero il coronamento di queste celebrazioni”. Ripercorrendo le origini della Confederazione, Sangalli ha ricordato che “il 29 aprile 1945, dalla libertà d’intraprendere e dalla volontà di ripartire, è nata quella storia di popolo chiamata Confcommercio”, sottolineando come “proprio la Fipe fu tra le Associazioni costituenti, fianco a fianco, in quella stagione di ricostruzione”.

“Celebriamo questi 80 anni – ha osservato il presidente – non per nostalgia, ma perché la memoria illumina la strada del passato e apre la strada del futuro”. Richiamando il titolo dell’assemblea, “Impresa, bene comune”, Sangalli ha spiegato che “l’impresa concorre al bene comune e, allo stesso tempo, è essa stessa bene comune. E ha aggiunto: “Se la candidatura Unesco darà i risultati sperati, la ristorazione italiana diventerà patrimonio dell’umanità, ambasciatrice della nostra cucina nel mondo”.

Soffermandosi sul valore costituzionale dell’impresa, Sangalli ha ricordato che “l’articolo 41 della Costituzione pone un equilibrio tra libertà e responsabilità nell’azione economica”. “I Costituenti avevano chiaro che la ricostruzione del Paese sarebbe passata dal rilancio dell’iniziativa economica, ma anche che l’impresa è il luogo in cui si realizza la funzione sociale dell’economia”.

“Fare impresa – ha sottolineato – è un vero e proprio strumento di cittadinanza attiva. Il valore dell’impresa non risiede solo nel produrre ricchezza, ma nel trasformare l’economia in esperienza di cittadinanza, soprattutto per giovani, donne e stranieri». E ha aggiunto: «La libertà d’impresa è parte integrante del progetto democratico: non la libertà di pochi, ma quella che genera opportunità per molti. Opportunità, innanzitutto, di lavoro, con la dignità che il buon lavoro, quello dell’articolo 36, implica”.

Il presidente di Confcommercio ha poi ribadito l’impegno dell’organizzazione nella difesa dei contratti collettivi nazionali più rappresentativi. “Quando ci battiamo per far certificare la rappresentanza non difendiamo un orticello. Facciamo una battaglia per il Paese, per la democrazia del Paese”. Ha ricordato che “al Cnel sono depositati oltre mille contratti collettivi, ma molti sono contratti pirata che non garantiscono né lavoratori né imprese, e creano dumping rispetto a quelli firmati dalle parti più rappresentative”.

“I contratti pirata – ha ammonito – abbassano i diritti e abbassano il salario». Sangalli ha voluto ringraziare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, «per aver ripreso in più occasioni il tema del valore della contrattazione collettiva» e ha espresso apprezzamento «per il recente riconoscimento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea”.

“L’impresa – ha ribadito – diventa bene comune solo quando si fa carico di applicare i contratti che concorrono a generare il bene comune. Questa è la nostra missione. Questa è la nostra identità”. In chiusura, Sangalli ha richiamato il simbolo dell’ottantennale di Confcommercio, la scultura di Carlo Ciussi, “due onde che si slanciano verso l’alto, simili ma non uguali».

“Quelle onde – ha spiegato – parlano di continuità, cambiamento ed equilibrio. Tre concetti che ci rappresentano profondamente”. “La continuità – ha ricordato – è quella della nostra presenza diffusa e radicata, mai venuta meno, nemmeno nei momenti più drammatici come la pandemia”. “Il cambiamento – ha proseguito – è la capacità di adattarsi e anticipare i mutamenti della società e dell’economia. Non ci spaventa, ci stimola”.

E infine “l’equilibrio, quello tra Fipe e Confcommercio, autonome ma collegate, come onde che scorrono vicine”. “Così – ha concluso Sangalli – teniamo insieme valori ed economia, libertà d’impresa e responsabilità sociale, individui e comunità. Così teniamo insieme tante storie diverse in un’unica storia: quella del più grande corpo intermedio della storia d’Italia, la Confcommercio”.

Stoppani: “Senza impresa non c’è futuro»

Il presidente della Fipe, Lino Stoppani, ha aperto il suo intervento (link al documento integrale in pdf) ricordando che “il 2025 segna un doppio anniversario: gli 80 anni della Fipe e l’Anno Giubilare. Due ricorrenze che, ha spiegato, «ispirano la riflessione sul ruolo sociale delle imprese, protagoniste non solo di crescita economica ma anche di coesione e sviluppo umano e comunitario. Stoppani ha ricordato che “la Fipe, fondata nel 1945 da imprenditori visionari per sostenere le imprese della ristorazione, del turismo e dell’intrattenimento, ha attraversato tutte le grandi trasformazioni dell’Italia: dalla ricostruzione postbellica al boom economico, dalle battaglie sindacali alla globalizzazione, fino alla pandemia”.

In ogni passaggio – ha osservato – la Federazione ha garantito rappresentanza, dialogo istituzionale e tutela dei valori del lavoro e dell’impresa”. Soffermandosi sul periodo della pandemia, Stoppani ha ricordato che “durante l’emergenza Covid-19 si è compreso fino in fondo il significato del termine pubblico esercizio: con la chiusura di bar, ristoranti e locali si sono spente le città e si è interrotta la socialità”. “È stato allora – ha sottolineato – che abbiamo capito come questi luoghi siano veri beni comuni, custodi di relazioni, cultura e identità nazionale”.

Oggi – ha proseguito il presidente di Fipe – la nostra Federazione è più di un’associazione: è una comunità di imprese che promuove innovazione, sostenibilità, qualità, parità di genere e legalità, interpretando l’impresa come strumento di benessere collettivo”. La missione, ha detto Stoppani, “è chiara: trasformare i bisogni in politiche economiche che generino valore economico e utilità sociale, sostenendo un lavoro dignitoso e un’economia sostenibile”.

Il presidente ha poi riflettuto sul contesto attuale, osservando che “nel mutato scenario politico e sociale, in cui spesso prevale il fattore grida rispetto alla competenza, la Fipe ribadisce la centralità dei Corpi Intermedi”. «Sono – ha spiegato – soggetti autorevoli e responsabili, capaci di mediare tra istituzioni, imprese e società, difendendo valori e interessi generali. Come ricordava Mario Draghi, essi sono protagonisti del cambiamento e strumenti di contrasto alla solitudine civile”.

Stoppani ha quindi richiamato il tema dell’assemblea, “Impresa, Bene Comune”, spiegando che “questa espressione racchiude una visione profonda: l’impresa non è solo motore economico, ma anche veicolo di dignità, coesione e fiducia”. “La Costituzione stessa – ha ricordato – all’articolo 41 sancisce che l’iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale”. E ha aggiunto: “In un’epoca di crisi globali e disuguaglianze crescenti, l’impresa deve riscoprire la sua funzione sociale e il suo fondamento etico”.

“Senza impresa non c’è lavoro – ha affermato Stoppani – e senza lavoro si disgregano comunità e territori”. Il principio della “buona economia”, ha proseguito, “mette la persona al centro e coincide con l’Economia della speranza e della cura di Papa Francesco”. “In questo quadro – ha spiegato – i Corpi Intermedi devono promuovere responsabilità sociale, legalità, inclusione e welfare settoriale: previdenza, sanità, formazione, natalità”. “Il nostro obiettivo – ha ribadito – non è solo la tutela della proprietà, ma la valorizzazione dell’impresa come comunità di persone”. “Esiste un profitto fecondo – ha chiarito – che genera valore umano e sociale, e un profitto sterile che alimenta diseguaglianze”.

Per questo, ha aggiunto, “servono nuovi indicatori di benessere, capaci di misurare sostenibilità, giustizia e qualità della vita, come promuovono l’Onu e l’Istatcon il rapporto BES”.  “Impresa, bene comune – ha rimarcato il presidente della Fipe – significa cultura d’impresa, etica, responsabilità e rispetto”. “Ogni bar, ristorante o locale – ha spiegato – è presidio di socialità, sicurezza e legalità”. E ha citato come esempio “la candidatura della Cucina italiana a patrimonio immateriale dell’Unesco, che riconosce nel cucinare un atto di cura e condivisione, non solo un fatto gastronomico”.

“I pubblici esercizi – ha proseguito Stoppani – rappresentano anche un formidabile ascensore sociale: su oltre 1,1 milioni di addetti, quasi il 60% sono donne e il 30% giovani sotto i 35 anni”. “Un settore – ha sottolineato – che offre opportunità di lavoro, di formazione e di crescita, contribuendo alla coesione sociale e alla vitalità dei territori”. “Dietro ogni bar, ristorante o locale c’è una storia di impresa, di famiglia, di sacrificio e di passione che rappresenta l’anima autentica del nostro Paese”.

Guardando al futuro, il presidente Fipe ha dichiarato che “vogliamo costruire un sistema di imprese capace di coniugare libertà economica e responsabilità sociale, innovazione e tradizione, competitività e umanità. La sfida è far sì che il successo economico coincida con il progresso civile”. “La Fipe – ha concluso Stoppani – continuerà a essere voce e casa delle imprese del fuori casa, luogo di rappresentanza e di dialogo, presidio di valori e di cultura economica. Perché l’impresa non è un fatto privato, ma un bene comune. E senza impresa, semplicemente, non c’è futuro”.

Ugo Da Milano, Confcommercio Nazionale – 13 novembre 2025

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