I Nanni, 200 candeline. «Volumi usati e bancarelle, le nostre innovazioni di una vita tra i libri»

Domani la festa di una vera istituzione del settore: ci sarà pure il ministro Giuli. II gestore Andrea: «La gratificazione più bella è dare consigli ai lettori»

La storia della Libreria Nanni è una magia. E una saga famigliare iniziata con il capostipite Arnaldo, che nel 1928 prese in gestione dalla famiglia Marchesi la rivendita di libri sotto al Portico della Morte, attiva dal 1825, e diede inizio con tante intuizioni alla sua avventura, poi proseguita da suo figlio Nerio, che oggi ha 78 anni ed è il titolare, e da Andrea, 54, il nipote, che la gestisce. Proprio Andrea racconta questa storia d’amore.

Andrea Nanni, come nasce questa avventura così longeva?

«Nasce con mio nonno Arnaldo, mancato nel 1995 a 90 anni. Era un grande personaggio col senso dell’umorismo molto acuto, un libraio autodidatta che aveva potuto studiare solo fino alla terza elementare, dovendo aiutare la famiglia, facendo il garzone e *** vendendo le uova in bicicletta in un paesino del Ferrarese. Poi giovanissimo si trasferisce a Bologna e si sposa con la Lina Tinarelli, la libraia dell’omonima libreria in via Belmeloro, si separano e lui apre la sua libreria in via Venezian, prima sede del negozio che poi si sposterà nel 1928 sotto il Portico della Morte».

Ci può raccontare alcune intuizioni di Arnaldo?

«È stato un vero innovatore perché, cosa non consueta a quel tempo, andava dalle case editrici a prendere le seconde scelte e faceva degli stock di cui c’è ancora memoria nelle ricerche online, con l’editore Laterza di Bari e con tanti altri editori. Aveva lanciato il ‘metà prezzo’ nei libri nuovi, anticipando i remainder nel Dopoguerra, la catena che nacque più tardi e che trattava i libri nuovi venduti a metà prezzo. Poi quando arriva qui in via de’ Musei caratterizza il portico e la libreria con le bancarelle chiamate parigine perché su modello dei bouquinistes di Parigi, sulla Rive Gauche».

Lui era stato a Parigi?

«No, è stata proprio un’intuizione. In un momento, tra l’altro, in cui il libro era un prodotto per pochi: buona parte della popolazione non sapeva leggere o scrivere. È stata un’iniziativa coraggiosa, come anche l’idea di vendere l’usato nuovo. Inoltre non era così facile per una libreria, ottenere una licenza per questo tipo di vendita, ma certamente Bologna è sempre stata molto sensibile su certe questioni. Penso anche a uno dei grandi innovatori del mercato italiano come Romano Montroni, direttore storico della Feltrinelli, che negli ultimi anni ha collaborato con le Librerie Coop, che ha portato qui il modello tedesco con gli open space per il self service e non con il bancone dove la gente chiede, totale avanguardia. Prima di lavorare a Feltrinelli, Montroni mi ha raccontato che ebbe un colloquio per lavorare qui con mio nonno».

Il self service è ancora un modello?

«Adesso, per nostra fortuna c’è un po’ il ritorno ai consigli, perché con tutto quello che esce in un anno, il lettore è un po’ disorientato. Rispetto a 30 anni fa escono molti più libri, anche se poi va detto che c’è una percentuale enorme che non vende nulla».

Suo padre Nerio ha ereditato la passione da suo nonno e gliel’ha trasmessa. Una magia tra generazioni?

«Siamo cresciuti con i libri, sono sempre stati la nostra quotidianità, per mio nonno erano il centro del mondo. Mio padre però ha avuto anche altri interessi, il mondo del libro antico e da collezione. E poi l’arte, tanto che aprì accanto alla libreria la galleria fino ai primi anni Novanta, ed è stato mercante di opere moderne. lo invece sono da sempre un libraio classico, prima di arrivare qui nel 2019 ho lavorato alla Duomo di via Indipendenza e alla libreria dei Colli, fuori porta Castiglione con saggistica, narrativa e poesia e libri nuovi. Qui alla Nanni ho dovuto imparare tutto sull’usato e sul fuori catalogo, ma ho cercato di dare più spazio ai libri rispetto a quello che avevano quando sono arrivato. Scelta che si è rivelata vincente».

Un ricordo particolare dall’album della famiglia Nanni e dei suoi clienti?

«Mi dà l’occasione per parlare dello storico direttore della libreria, Carmine Marchesi, che arrivò qui a 15 anni e ci ha lavorato per 70 anni, fino al 2001. Lui era del 1916 e aveva 11 anni meno del nonno, sono stati insieme una vita e uno dei suoi ricordi era di Pier Paolo Pasolini che passava da anche quattro pomeriggi alla settimana a leggere i classici francesi e russi sulle bancarelle».

Come sta il mondo dei libri oggi?

«Credo che siamo arrivati a una percentuale di lettori molto bassa, quella degli adulti è rimasta costante nel tempo ma negli ultimi anni è calata la fascia dei giovani a causa di telefonini e tablet che portano via tempo rispetto a 5 anni fa. Riprendere questi lettori sarà una scommessa negli anni a venire».

Lei è riuscito a trasmettere la passione alle sue figlie?

«Per ora non vedo interesse nelle mie figlie di 17 e 20 anni, ma forse è ancora presto».

b.c., Il Resto del Carlino – 15 ottobre 2025

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