La caserma al Pilastro. Targa per le vittime della Uno Bianca. «Vogliamo più verità»

Taglio del nastro della nuova stazione con i familiari dei carabinieri uccisi. Il generale Luongo: «Più approfondimenti, ma l’organizzazione è stata individuata»

«Le stazioni dei carabinieri sono luoghi di aiuto e conforto. Porte aperte alla speranza». Le parole sono del comandante generale dell’Arma, generale di corpo d’armata Salvatore Luongo. E assumono un valore ancora più profondo, quando il luogo dove la nuova caserma sorge è via Casini. Un luogo
simbolo per Bologna. Dell’orrore della Uno Bianca, del massacro di tre giovanissimi carabinieri: Otello Stefanini, Mauro Mitilini e Andrea Moneta, a cui la caserma del Pilastro è stata intitolata, ufficialmente, ieri, alla presenza dei famigliari delle tre vittime, medaglia d’oro al valor civile. C’era mamma Anna Maria Stefanini, che da anni chiede la verità, perché quella dei fratelli Savi «non è neanche metà».
Aspettano tutti che la nuova inchiesta aperta dalla Procura, «che si sta muovendo e siamo certi che a breve arriveranno sviluppi importanti», ha ribadito Alessandro Stefanini, fratello di Otello, faccia luce su cosa c’era «dietro la targa» della Uno Bianca. Per i famigliari la verità è una: i giovani militari, quel 4 gennaio del 1991, sono stati vittime di «un agguato premeditato in ogni dettaglio». Sul punto, il generale Luongo ritiene che gli assassini della Uno Bianca «si siano preoccupati di essere
stati riconosciuti, perché quei carabinieri consumavano a mensa lo stesso pasto, sedevano sulle stesse panche. E allora è ancora più forte il dolore che noi proviamo per questa strage». E per il generale «come tutte le tragedie di sangue così complesse» anche la parabola di orrore dei fratelli Savi comporta «un approfondimento ulteriore, ma pensiamo che l’organizzazione sia stata individuata».
Sulla lapide che ricorda il sacrificio dei tre carabinieri, scoperta alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e benedetta dall’arcivescovo Matteo Zuppi, il nome della banda di assassini non è riportato. Ma quello che hanno fatto è ben inciso nella memoria della città. Che non dimentica. Per questo, l’inaugurazione di ieri, l’intitolazione ai tre carabinieri «ha un significato duplice – dice ancora
Luongo –: assicurare a una comunità vitale e pulsante un presidio di polizia che non svolga soltanto attività di controllo del territorio e rassicurazione sociale, un impegno che fa parte della nostra identità, ma che dia vita a una memoria ancora molto sentita da parte di tutti. Questa intitolazione è un motivo per trasmettere alle giovani generazioni un modo diverso di operare, per trasmettere loro il sacrificio di coloro che hanno perso la loro vita nell’adempimento del dovere. Stefanini, Mitilini e Moneta furono colpiti mentre svolgevano un ordinario servizio di pattuglia. Esempi di altissimo senso del dovere portato fino all’estremo sacrificio. Oggi il loro ricordo vive e ispira il lavoro delle nuove generazioni». La nuova caserma è stata salutata anche dal sindaco Matteo Lepore come «un presidio per garantire il diritto alla sicurezza e alla convivenza, ma anche una porta aperta per il dialogo». Lepore ha ricordato anche la storia del quartiere: «Il Pilastro è nato grazie alla partecipazione delle famiglie, che hanno saputo chiedere con forza i servizi fondamentali e hanno dato vi ta a uno dei quartieri più verdi e partecipati della città», ringraziando poi l’Arma e il suo predecessore Virginio Merola. Ringraziato anche dal ministro Piantedosi. Che ha parlato della caserma del Pilastro come «frutto di un importante e più ampio progetto di potenziamento presidiario delle forze di polizia sul territorio. Un progetto fortemente voluto dal Governo, per
garantire sicurezza e legalità. Si tratta di un impegno assunto unanimemente, e che reca un messaggio preciso alla collettività. Quello della presenza dello Stato, concreta e tangibile, e dell’instancabile impegno delle donne e degli uomini in divisa, al servizio dei cittadini e del bene pubblico». In platea, con il ‘padrone di casa’, il comandante provinciale Ettore Bramato, c’erano tutte le autorità civili e militari cittadine. Presente anche il capo della polizia Valerio Pisani.
Quando la calca si è diradata, Anna Maria Stefanini, con il figlio e i nipoti, Ludovico Mitilini e Alessandra Moneta, accompagnati dal luogotenente Nicola Patti, amico e collega di Otello, si sono avviati da soli verso il cippo che ricorda i loro ragazzi. «Questa inaugurazione l’aspettavamo da tanto – ha detto Anna Maria, accarezzando le foto dei tre carabinieri, per sempre ragazzi –. Ma ci sarebbe dovuto essere anche mio figlio qui». Se non avesse incontrato sulla sua strada i Savi, Otello proprio oggi avrebbe compiuto 57 anni.

Nicoletta Tempera, Il Resto del Carlino – 14 settembre 2025

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