Il nostro Gianni è ovunque: in campo, per le strade, alla finestra «Una stagione incredibile». Ed è finito pure in una foto con la squadra .Qualcuno dei ragazzi mi ha tenuto fermo lì… e ho festeggiato
Mezza Bologna, forse qualcosa di più, il 14 maggio, era all’Olimpico, per festeggiare la Coppa Italia. L’altra metà era chiusa in casa, ma davanti alla tivù. E tra i più gettonati, sul video, non tanto Ndoye od Orsolini, non Skorupski o Ferguson, ma lui, sì, proprio lui, il nostro Gianni Schicchi. Il fotografo del Carlino che corre da un evento all’altro, in sella al suo scooter, seguendo il Bologna come la Virtus, la Fortitudo come la cronaca nera. Non c’è un vip (che si rispetti) che non lo conosca: perché Gianni Schicchi ovunque. Figlio di papà Giuseppe e mamma Paola, Giannone – come lo chiamiamo affettuosamente al giornale –, ma soprattutto figlio d’arte. La passione per la fotografia, Gianni, la eredita proprio dal papà, che è il fotografo preferito di una vera e propria leggenda della canzone italiana, Nilla Pizzi.
Schicchi, classe 1961, ha compiuto da poco i 64 anni, abita a Casteldebole (tra uno scatto e l’altro) e vanta un passato nel tennis. Non è forte come Sinner, Gianni, ma avrebbe potuto essere una bella spalla per Jannik (che Gianni ovviamente ha immortalato ogni qual volta l’altoatesino ha fatto capolino nella nostra città). Gianni gioca a tennis solo per diletto ma, come primo mestiere,
fa l’accordatore. Gianni vive un’altra epoca, quando non ci sono i racchettoni e le fibre di carbonio, ma solo il caro e vecchio legno. Il tennis, però, non è la sua vita. Nemmeno il basket, dove pure comincia, giocando al fianco di Stefano Pillastrini. Il basket, però, gli rimane nel sangue e nelle movenze. Se lo vedete in giro, a caccia di notizie e di scatti celebri, potete notare quello che lui (Gianni) chiama ‘scivolamento’. Per avvicinarsi all’evento prescelto, Schicchi si muove come un giocatore di basket, quando difende. Poi tiene tutta la sua mercanzia in una sorta di zaino borsone che sarebbe impossibile sollevare per chiunque. Non per lui. Che tra borsone e foto da scattare al volo, trova comunque il modo – forse un regalo della sua passione giovanile per i canestri – di essere sempre in equilibrio.
Professionista esemplare, Gianni. Ma anche, come si ama dire di questi tempi, straordinariamente
ama. Durante la recente sfilata del pullman rossoblù in giro per la città, Gianni, per riprendere le
scene dall’alto, si infila (senza forzare la porta) in più di un appartamento. Come fa? «E’ molto semplice – racconta lui –. Suono al campanello. Mi presento. E quando dico che sono Gianni Schicchi da Bologna si aprono le porte. Per fortuna mi conoscono e non mi scambiano per un malintenzionato o per l’agente delle tasse». Non servono la carta di identità o il tesserino da fotoreporter. Gianni è conosciuto ovunque. La recente mostra in Salaborsa porta anche la sua firma. Le immagini più suggestive del Playground dei Giardini Margherita – gli organizzatori del torneo, giustamente, lo scorso anno hanno voluto premiarlo con una targa – sono sue. Tanto che, ai Gardens, con il suo materiale, hanno tirato fuori pure due libri. C’è chi sostiene che, anche per gli eventi di cronaca nera, i ‘malfattori’ non intendano agire fino a quando non arriva lui, Gianni Schicchi. Lo scatto – soprattutto adesso che i rullini sono stati sostituiti da schede – più veloce della via Emilia e del West. Fa più foto Gianni Schicchi in un solo giorno – mille al giorno, che salgono a cinquemila per una partita di calcio – che una persona in tutta la sua vita. Ma lui, Gianni, come si racconta?
«La fotografia è la mia vita», dice. E quando è finito nel gruppone del Bologna? «Intanto diciamo
che è stata una stagione incredibile. Quante soddisfazioni abbiamo avuto. Poi, sono finito nel
gruppo con la squadra. Perché? Non lo so. E’ successo in una gara al Dall’Ara. Mi stavo preparando per la foto finale. Non so chi sia stato, nella confusione. Ma un paio di giocatori mi hanno tenuto
fermo. ’Stai qui con noi a festeggiare’, mi hanno detto». Detto, appunto. E fatto. Con chi ha più feeling? «Tuti mi conoscono come Schicchi. E con tutti c’è una parola buona. Forse con Lyko e Orso c’è più feeling». Ma c’è il feeling anche con i tifosi, che talvolta l’hanno scambiato per Ciccio Graziani. «Successe al MotorShow – ammette –. Avevo cambiato montatura degli occhiali. E in tanti hanno cominciato a chiamarci Ciccio». Per Walter Bussolari, la voce del Playground, invece, era Gigi Schicchi.
L’ultimo segno particolare di Giannone? La chiusura degli eventi ufficiali. Prima del rompete le righe tutti, ma proprio tutti, si fermano e guardano in direzione di Schicchi. E fino a quando Gianni non pronuncia le celebri parole magiche «E adesso gruppone» nessuno batte ciglio. Un fotografo, un amico e un mito: tutto questo è, per dirla alla sua maniera, «GianniSchiccidabologna
Alessandro Gallo, Il resto del Carlino -13 giugno 2025