Il presidente Marcatili apre la strada a un nuovo corso del Centro Agroalimentare di Bologna
«Sono cambiati i tempi e adeguarsi al nuovo contesto che ci circonda non è una questione di scelte, ma di necessità». L’analisi è di Marco Marcatili, presidente di Caab, il Centro Agroalimentare di Bologna e vicepresidente di Italmercati. «I numeri – riflette – dicono che in 10 anni il consumo di ortofrutta si è dimezzato in tutte le realtà italiane: serve capire come mai e lavorare per invertire una tendenza che non possiamo permetterci di dare per scontata. Certo, alcuni fatturati aziendali sono rimasti stabili, ma il motivo è legato all’aumento dei prezzi, non certo alla quantità degli acquisti. Questo significa che una fetta importante della popolazione sta rinunciando a portare in tavola prodotti buoni, di qualità e fondamentali per la tutela della salute». Come rispondere? «Realtà come Caab lavorano da tempo per essere al fianco del mondo dei produttori. La situazione però non è facile: basta citare per esempio il clima e i suoi mutamenti per rendersi conto di come nel nostro Paese le zone dedicate all’agricoltura stiano diminuendo.
I dati di Nomisma sono chiarissimi: se nel comparto frutticolo continuiamo a reggere, per quanto riguarda gli ortaggi, siamo diventati un Paese di importatori. Questo inevitabilmente si ripercuote anche sul nostro ruolo». In che modo? «La piattaforma Caab era nata quando l’area nella quale gravita era una grande zona di produzione. Ora le esigenze sono diverse e per questo è necessario aggiungere valore e ampliare i servizi. Cito un gioco di parole che mi piace riportare, parlando della necessità di essere una piattaforma anche di formazione e di conoscenza: vado oltre il centro alimentare e arrivo al centro ‘per’ alimentare». Alimentare cosa? «Competenze, logistica, servizi, e-commerce. Non lo dico per voler fare la figura del ‘primo della classe’, ma perché questa è la strada obbligata da percorrere, partendo da qui, dal nostro territorio». Il vostro riferimento spazia dall’area bolognese a tutto il centro Italia nell’ottica di uno snodo logistico chiave a livello quanto meno nazionale. «Se davvero Bologna ambisce a essere la capitale italiana della qualità della vita è da qui che si deve partire: da progetti che sostengano il consumo di frutta e verdura nelle scuole, nelle aziende, nelle famiglie. Perché portare in tavola prodotti di grande qualità fa bene a tutti. Così arrivo al passo in più: penso a Bologna come alla capitale del consumo dei prodotti freschi». Una sfida non semplice. «Evolversi è imprescindibile, così come lo è andare nella direzione delle aggregazioni e dell’incentivazione dell’export, un canale che dobbiamo alimentare perché è e sarà sempre più strategico. Possiamo allargare il raggio al Mediterraneo, all’Europa tutta, agli Emirati, al sud est asiatico.
Ma il punto è che per fare la differenza non c’è bisogno di arrivare fin da subito chissà dove: basta pensare che il principale importatore della nostra ortofrutta è la Germania, che è decisamente più semplice da raggiungere rispetto alle latitudini lontane». Cos’altro serve al settore? «Le zone di produzione devono essere difese il più possibile, anche nell’ottica delle nuove generazioni che meritano di essere messe nelle condizioni di portare avanti il lavoro delle loro famiglie. Poi serve rilanciare, introducendo gli aspetti commerciali e di coinvolgimento della filiera». Sarete in fiera a Macfrut? «Appuntamenti come questo sono fondamentali per coinvolgere i nostri clienti, presentare i servizi e parlare a tutti gli operatori, senza dimenticare nemmeno l’aspetto fondamentale del rilancio del commercio al dettaglio, un tipo di servizio che offre caratteristiche che altre realtà non hanno. Organizzeremo open day e ci confronteremo con tutti i partner. Il mondo cambia, così come cambiano le esigenze di chi lo abita. Serve essere sul mercato con le risposte giuste».
Il Resto del Carlino, 6 maggio 2025