Sangalli: “c’era una volta il negozietto, ora l’Italia ha cambiato pelle”

Il presidente di Confcommercio sulla Verità: “la sfida è integrare fisico e online. I piccoli esercizi devono puntare su rapporto umano e identità”. “I dazi sono più una scelta politica che economica”.

Dazi, caro energia, concorrenza dell’e-commerce. Il commercio sta vivendo una vera e propria rivoluzione. Carlo Sangalli è stato confermato per la quinta volta, a 87 anni, alla guida della Confcommercio in un momento complesso. Tante le emergenze e le incertezze.

Cominciamo dai dazi. Che sfide pongono al commercio?

«Le guerre commerciali rappresentano una minaccia concreta per imprese, consumatori e mercati. Dico sinceramente che pensavo la situazione sarebbe stata meno insidiosa di quella che sembra profilarsi dopo l’ordine esecutivo del 2 aprile. Il rischio concreto è un’escalation tariffaria che renderebbe il mondo più povero e colpirebbe anche l’Italia. Servono negoziati basati su dati reali. Lo scorso anno, il deficit Usa per beni e servizi con l’Europa è stato pari a meno di sei decimi di punto del Pil americano. Vale la pena per questo mettere in discussione le alleanze occidentali di lunga e benefica tradizione? Penso, di conseguenza, che i dazi siano più una scelta politica che economica. L’impatto maggiore riguarderà acciaio, alluminio e prodotti alimentari, con possibili ripercussioni sull’occupazione, specie per le pmi esportatrici. Mentre per il lusso e quello che noi chiamiamo il «Sense of Italy», cioè prodotti che suscitano emozioni uniche e non riproducibili, gli effetti potrebbero essere limitati. La soluzione? Diplomazia commerciale, accordi ragionevoli, visione strategica. E politica monetaria espansiva, cosa da compensare in parte il maggiore costo delle nostre esportazioni».

L’e-commerce è sempre più agguerrito. Cosa possono fare i piccoli esercizi?

«La chiave è l’integrazione tra fisico e digitale, sfruttando strumenti come il social commerce, ovvero la vendita di prodotti e servizi direttamente attraverso i social media, la vendita online locale e le piattaforme di prossimità. In ogni caso, i piccoli esercizi devono puntare su ciò che l’e-commerce non può offrire: rapporto umano, personalizzazione e servizi di qualità. In altre parole, occorre innovare, ma senza rinunciare all’identità: l’esperienza in negozio, la fiducia e il valore del territorio restano fattori insostituibili. Servono anche politiche adeguate per garantire una concorrenza leale, perché non possiamo avere regole diverse per chi vende online e per chi tiene aperto un negozio fisico. Il commercio di prossimità è parte del tessuto sociale delle città e va tutelato con investimenti e strategie mirate».

Quali i pericoli dalla grande distribuzione?

«I consumatori hanno una grande libertà di scelta. Mantenere il pluralismo distributivo é fondamentale, ma serve un equilibrio tra grande distribuzione e commercio di prossimità, entrambi essenziali per il tessuto economico e sociale del Paese. Come ho detto, i piccoli negozi offrono valore aggiunto in termini di qualità, servizio e legame con il territorio, ma hanno bisogno di condizioni di concorrenza eque. Per questo, chiediamo politiche che sostengano la vitalità del commercio di vicinato, con incentivi alla digitalizzazione, alla rigenerazione urbana e alla fiscalità equa, per evitare distorsioni che favoriscano solo le grandi dimensioni o i grandi gruppi».

A proposito di rigenerazione urbana, recentemente avete lanciato un nuovo allarme sulla desertificazione commerciale. Qual è la situazione e quali le misure per combatterla?

«Tra il 2012 e i12024, in Italia, sono spariti quasi 8.000 negozi al dettaglio e 23.000 attività di commercio ambulante, un fenomeno che colpisce in particolare i centri storici. Questa contrazione del negozi è accompagnata da un’analoga riduzione del numero di sportelli bancari: si profila un reale pericolo di trasformare la desertificazione commerciale in un vero e proprio declino delle città. E un fenomeno che va contrastato con urgenza, ribadendo la funzione sociale dei negozi: vivibilità delle città, presidia contro il degrado, attrattività turistica. Servono progetti di rigenerazione e riqualificazione urbana e in questa direzione va il progetto Cities di Confcommercio che ha elaborato le prime proposte per migliorare i centri urbani e rafforzare le economie di prossimità, promuovendo il ruolo del terziario di mercato».

A gennaio 2025, le tariffe dell’energia elettrica per il settore del terziario hanno subito un incremento del 24% rispetto a quelle di gennaio 2024, come difendersi? Lei crede nel nucleare?

«Il governo ha adottato alcune misure ma non sono ancora sufficienti. Servono interventi più inclusivi e riforme strutturali, a cominciare da un nuovo impulso all’efficienza energetica, all’incremento della produzione rinnovabile e, certamente, anche al nucleare sostenibile per il quale recentemente il governo ha varato la legge delega. Ma occorre anche una revisione complessiva di tutte le componenti fiscali e parafiscali che gravano sulle bollette energetiche prevedendo, ad esempio, che la riduzione degli oneri di sistema per le imprese con potenza superiore a 16,5 kW sia estesa anche alle imprese sotto questa soglia. Parallelamente, bisogna agire con interventi tempestivi e coordinati anche a livello europeo per rafforzare la sicurezza energetica e la stabilità dei mercati: penso, in particolare, a strategie di acquisto congiunto per incrementare il potere negoziale del compratore come ad altri meccanismi alternativi di formazione del prezzo dell’energia elettrica».

L’inflazione è scesa ma i consumi stentano a ripartire…

«Il rialzo registrato a marzo è fisiologico e non desta particolari preoccupazioni a breve. L’inflazione rimane, dunque, sotto controllo considerando anche che le fibrillazioni sugli energetici, per il momento, non si sono trasferite ad altre filiere. Quello che preoccupa, invece, è la debolezza strutturale della domanda interna: infatti, ad eccezione di alcuni settori, come il turismo e il tempo libero, i consumi complessivamente crescono a un ritmo ancora insufficiente. Questo, per varie ragioni: alti tassi di interesse, con mutui e finanziamenti ancora costosi, eccessiva pressione fiscale, forte variabilità del valore della ricchezza personale. Ma anche per un paradosso: e cioè che il maggior reddito delle famiglie invece di trasformarsi in maggiori consumi, a causa dell’incertezza e delle recenti fiammate inflazionistiche, va ad accrescere il risparmio. Insomma, la spesa delle famiglie rimane il punto debole della nostra economia. Servono interventi mirati: ridurre la pressione fiscale su imprese e lavoratori, soprattutto sul ceto medio, e favorire investimenti in innovazione e digitalizzazione».

Come è cambiato il settore del commercio negli ultimi 20 anni di cui lei è stato protagonista?

«Abbiamo assistito a un vero e proprio cambio di pelle, un’evoluzione passata attraverso la rivoluzione digitale, la crescita dell’e-commerce, la crisi finanziaria del 2008, la pandemia, per trovarci ora in un mondo segnato da incertezze geopolitiche e cambiamenti nei consumi. Eppure, c’è una cosa che non è mai cambiata: il commercio è il cuore pulsante dell’economia e della società. Quando ho iniziato il mio percorso in Confcommercio, i piccoli negozi di quartiere erano il punto di riferimento per le comunità. Oggi, la sfida è integrare la tradizione con l’innovazione: digitale e fisico non devono essere rivali, ma alleati. È una trasformazione che ha richiesto grande adattabilità, ma i nostri imprenditori hanno sempre dimostrato di sapersi reinventare. Il nostro compito è difendere il pluralismo distributivo e garantire regole del gioco eque per tutti. Il commercio italiano ha una storia straordinaria e un futuro ancora tutto da scrivere».

Presidente, quest’anno Confcommercio compie 80 anni. Qual è il significato e quali iniziative avete immaginato per celebrare questa ricorrenza?

«Ottant’anni di Confcommercio significano 8o anni di storia dell’Italia che lavora. Un’Italia fatta di imprese, persone, mercato, turismo, servizi, trasporti. Un lungo cammino al fianco di chi crea ricchezza e occupazione, attraversando cambiamenti epocali, crisi e riprese, ma sempre con un obiettivo chiaro: dare voce e forza al terziario di mercato, la vera spina dorsale del Paese. Celebrare questa ricorrenza non è solo guardare al passato, ma soprattutto proiettarsi nel futuro. Per questo stiamo costruendo il primo archivio storico digitale di Confcommercio che presenteremo a fine aprile con una mostra proprio per raccontare, attraverso oggetti, documenti, immagini e testimonianze 80 anni di storia della nostra Confederazione e della sua identità associativa percorrendo, dal 1945 ad oggi, un viaggio che intreccia gli eventi del Paese con le conquiste e le trasformazioni delle imprese del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti, della cultura e delle professioni. Inoltre, realizzeremo eventi, incontri e approfondimenti per valorizzare il ruolo del commercio, del turismo e dei servizi nella crescita dell’Italia. Vogliamo che questo anniversario sia un’occasione di riflessione e rilancio, perché il nostro impegno resta lo stesso di sempre: dare forza alle imprese per costruire un Paese più prospero, moderno e inclusivo».

Laura Della Pasqua, La Verità – 7 aprile 2025

Carlo Sangalli
Carlo Sangalli – Presidente Confcommercio Imprese per l’Italia

Articoli correlati

Fatturazione Elettronica

Fatturazione Elettronica

La soluzione più completa per gestire la tua contabilità.

E-mail Dipendenti

E-mail Dipendenti

Gestisci la posta con la webmail di Ascom.

PEC Clienti

PEC Clienti

La Posta Certificata per i Clienti Ascom.