Non solo Play Sport negozianti in crisi anche in via Lame

Non è finita soltanto l’epoca di PlaySport. Tra cartelli di svendite e vetrine vuote, sembra appeso ad un filo anche il destino di via Lame. Qui, sotto il portico e soltanto nell’ultimo mese, sono state già due le attività a dire addio. E c’è chi non fa mistero di volerle seguire presto. Il 17 gennaio, per esempio, dopo un anno e mezzo di vita, ha chiuso i battenti “Flow”, al numero 46. I titolari, di Modena, non ce l’hanno fatta a far sopravvivere il loro progetto di moda sotto le due torri e dopo una buona partenza, da aprile 2024 hanno iniziato ad incassare «anche il 70% in meno». «E’ come se la luce si fosse spenta dalla sera alla mattina, capisce? Da sabati dove passano migliaia di persone, a quelli con pochissime ingressi. Nulla in contrario al tram, anzi, ma tutti ci dicevano “non sappiamo più come raggiungervi in macchina”. Avremmo voluto aspettare l’opera completa, vedere il canale scoperto, ma non siamo una grande azienda: era tutto a conduzione familiare». Mentre, appena dieci giorni fa, a portare via manichini e abiti è stata Teresa Tavasci, che ha chiuso il suo negozio di abbigliamento al 60: “Papaya”. Scocciata, risponde ancora alla cornetta, a cui la cercano in tanti per sapere dove sia finita. «Troppe le giornate in cui dalla primavera non ho battuto più uno scontrino, eppure faccio questo mestiere da 40 anni. Ma l’isolamento con i lavori è stato inevitabile». Ma la Spoon River delle scritte “affittasi”, “vendesi”, continua anche nel viaggio tra le insegne più storiche: “Calais”, un tempo tappa fissa per comprare pizzi, lingerie e merletti, cinque mesi fa ha sgomberato tutto al numero 20, quando era ancora affisso lo sconto al -50. «Quest’opera ha aggravato una situazione già grave- commenta la proprietaria Mery Zerchi- Le persone, già con poche risorse economiche, erano stanche di dover cambiare strada ogni giorno per venirci a trovare».

Da qui quindi, almeno per loro, il trasferimento in via San Felice, dove pesa comunque il rebus del cantiere che verrà. Tra poche settimane poi, da via Lame andrà via anche “La porcellana di Gio”, fissa nello stesso punto da ben 22 anni. Con il suo “Fuori Tutto” sta facendo tornare in questi giorni gli affezionati di sempre a prendere scorte di piatti e ceramiche. Dice solo una cosa, a bassa voce, epigrafica: «Il tram è stato il colpo di grazia», mentre le fanno eco le storie, per ora sospese, dei colleghi di vicinato. Il baretto “Saphira” spiega di essere fuori di 20 mila euro dallo studio di settore, da quando sono iniziati disagi: «Ma nel frattempo aumentano del 30% la tassa per il mio piccolo dehors». Mentre *** “American Bar”, racconta del prestito chiesto alla sua torrefazione di fiducia per mandare avanti il bancone, quest’estate: «Quando non passava nessuno» E poi c’è chi, per lo stesso motivo, ha pensato di tornare in Sicilia, come l’ottico di “Occhiali x Tutti”. E chi, alle fatiche della nuova infrastruttura somma quelle non ancora passate dell’ultima alluvione. «Faremmo volentieri come Play Sport – dicono dalla storica Tappezzeria Marchesini, in vita dal 1875 – ma anche chiudere costa. Abbiamo avuto 119 mila euro di danni per l’esondazione del Reno e da aprile a luglio scorso abbiamo guadagnato un decimo del solito. Cosa facciamo? Galleggiamo» .

Alessandra Arini, la Repubblica Bologna – 12 febbraio 2025

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