Sfollati e proteste. In Val di Zena è sempre emergenza

Tra decine di sfollati, attività che cercano di sopravvivere, strade interrotte e ruspe al lavoro, la Val di Zena è ancora una terra in grande sofferenza

I segni delle alluvioni sono ovunque, dal Farneto a Ca’ di Lavacchio, sulle case, a bordo strada, lungo il corso del fiume. Ma sono soprattutto nelle parole delle persone che raccontano una quotidianità stravolta. Come Claudio Bacolini, paziente oncologico, che ha dovuto lasciare la casa insieme alla famiglia: «Stiamo in albergo in quattro — racconta —, prima ci ha aiutato il Comune, ora tocca a noi. Ogni mese spendiamo 6mila euro tra vitto e alloggio. Tornare a casa? Non se ne parla». La moglie a poca distanza non si dà pace: «Ogni volta che vengo qui fa sempre più male», dice. Uno dei vicini di casa è Pietro Latronico, portavoce del Comitato Val di Zena e sfollato con la mamma di 82 anni: la loro casa mostra ancora tutto del disastro, i segni dell’acqua arrivata oltre il metro e settanta, il fango seccato e i mobili irriconoscibili.

«Nella nostra zona — spiega — l’effetto tappo dei materiali sotto il ponte ha spinto l’acqua verso le nostre case e non c’è stato nulla da fare». Risalendo verso Botteghino, sulla sinistra, la scuderia Baldazzi mostra le ferite nei suoi recinti bianchi divelti: in tutta l’area, enorme, sono solo quattro o cinque i cavalli. «La nostra attività è ancora interrotta — racconta il titolare Ettore Baldazzi — avevamo una ventina di cavalli, li ho portati quasi tutti via. Ad oggi abbiamo contato danni per quasi mezzo milione di euro». Di risarcimenti nemmeno l’ombra. E il ritorno alla normalità è una chimera: «A inizio anno — si confida — avremmo dovuto avviare una nuova attività. Era il nostro sogno, ma non è possibile realizzarlo. L’ansa del fiume va messa in sicurezza: ci siamo resi disponibili noi a intervenire, ma la Regione ci ha fermati».

Disarmato dalle lungaggini anche Fabrizio Lazzarini della Trattoria Al Botteghino: «Volevo mettere una barriera tra il fiume e l’attività, non me l’hanno concesso — dice con rabbia — volevano allargare l’alveo intervenendo sugli argini, ma per la presenza di una quercia che non hanno voluto rimuovere, non se n’è fatto nulla». Il punto più paradossale lo si trova a Ca’di Lavacchio. Qui la strada per una decina di metri non esiste più. “Il buco” lo chiamano gli abitanti, che per superarlo hanno costruito da soli una passerella in legno, stanchi di dover aspettare. «Lasciate ogni speranza voi che entrate», ci hanno scritto sopra. Matteo Frascaroli, che al di là del buco ci vive, lo ha fatto pensando alle altre quindici famiglie, che come lui altrimenti non avrebbero potuto muoversi a piedi. Per raggiungere la città o anche solo Botteghino non restano che le stradine dissestate di montagna, la Fondovalle o la Futa. Ma il percorso si allunga di oltre venti chilometri. «Il problema vero sono le emergenze. Se qui ci succede qualcosa, chi ci raggiunge?», protesta Silvia Ferri. Forestiera, due figlie, qualche anno fa questa valle l’aveva scelta per la sua bellezza, mentre ora si sente una confinata. Per arrivare alla sua casa cammina su quelle assi strette, su cui hanno montato anche la luce. Una luce che da queste parti, però, ancora si fatica a intravedere.

Alessandra Arini, Marco Merlini – la Repubblica, 8 febbraio 2025

Articoli correlati

Fatturazione Elettronica

Fatturazione Elettronica

La soluzione più completa per gestire la tua contabilità.

E-mail Dipendenti

E-mail Dipendenti

Gestisci la posta con la webmail di Ascom.

PEC Clienti

PEC Clienti

La Posta Certificata per i Clienti Ascom.