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C’era una volta la bottega e c’è ancora. Intervista a Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe

Finché sarà apprezzato e sostenuto il suo forte ruolo di servizio alle comunità, il negozio non morirà mai perché è sinonimo di collettività, di socialità, di sicurezza, di coesione

Lino Enrico Stoppani è presidente del Fipe e vicepresidente vicario di Confcommercio. Ultimo di sette
fratelli, è stato per oltre 43 anni tra i titolari di Peck, la storica “boutique”‘ di alimentari che rutti i milanesi conoscono a due passi dal Duomo, simbolo dell’enogastronomia di qualità del nostro Paese. «La categoria che rappresento è estremamente variegata: comprende bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie, discoteche , locali serali, punti della ristorazione commercia le e collettiva, attività di catering, stabilimenti balneari, emettitori buoni pasto e tutto il sistema del gioco lecito. Fare sindacato per questa categoria significa gestire importanti interessi economici e, allo stesso tempo, tutelare e promuovere valori sociali, storici, culturali, identitari rilevanti.


Non sono anni facili per la “bottega” in Italia, complice la pandemia e la crisi economica. “Finché sarà apprezzato e sostenuto il suo forte ruolo di servizio alle comunità, il negozio non morirà mai perché è sinonimo di comunità, di socialità, di socialità, di coesione sociale. Pensiamo agli anziani o alle persone con difficoltà di mobilità che hanno negozi di prossimità presidi di servizio”.

Il negozio come presidio “Ad Amatrice la città è ripartita dopo il drammatico terremoto quando è stato aperto un bar dentro un container. L’attività commerciale è fondamentale per un centro abitato, perché lo rende , vivibile, sicuro, aperto. Per questo andrebbero sostenuti per tamponare i rischi connessi al partito della rendita immobiliare, che spiega l’infernale turn over delle insegne della ristorazione e del commercio. Una girandola che rischia poi di rendere le città inospitali, alimentando il crescente fenomeno della della, certificazione commerciale. Oggi tante zone residenziali, soprattutto in periferia, sono destinare a spegnersi senza il presidio anche sociale offerto dai negozi. l’attenzione alle periferie di cui parla Francesco è anche questo”.

Sui negozi e i pubblici esercizi negli ultimi anni sono arrivate mazzate terribili: il Covid, la crisi energetica, i terremoti, le inondazioni, l’inflazione, il caro affitti…“È vero, spesso ci troviamo a gestire situazioni complesse. Ci sono famiglie e attività colpite da disastri economici che si trovano letteralmente “sott’acqua” sia in senso meteorologico sia economico. Pensiamo alla Toscana e all’Emilia-Romagna, tanto per citare solo gli ultimi casi. Veniamo dalla crisi del Covid, con i suoi lunghi lockdown (180 giorni in due anni), che ha seminato disperazione profonda nel settore e ha portato tanti imprenditori a chiudere perché era venuta meno la sostenibilità economica. Nd 2020 e nel 2021. in piena emergenza sanitaria, i supermercati e i negozi alimentari sono rimasti aperti. facendo anche business aggiuntivo, mentre i consumi fuori casa. che rappresentano oltre un terzo dei totali. sono praticamente azzerati, ponendo Ire problemi”.

Che tipo di problemi? “Problemi di sostenibilità economica, di liquidità finanziaria e di attrattività del settore, che ha perso manodopera e competenze. Alcune imprese sono riuscite a ripartire, ma molte .sono rimaste schiacciate dai costi fissi: affitti, bollette, tasse, stipendi dei dipendenti. La guerra in Ucraina, con la crisi energetica e l’inflazione, ha peggiorato poi una situazione già fragile”.

E voi come siete intervenuti? “Abbiamo agito in due direzioni: sostenendo a livello istituzionale le istanze del settore, promuovendo provvedimenti governativi (ristori economici per le perdite, crediti d’imposta sugli affitti, interventi sulla liquidità, cassa integrazione…) e svolgendo una complessa opera di ascolto e di filtro dei bisogni tra gli associati, contrastando la crescita del disagio sociale nei nostri settori, dando speranze e fiducia a imprenditori spesso disperati”.

Nonostante tutto, sembra che il 2023 e il 2024 abbiano portato una ripresa “Il 2023 è stato un anno di crescita straordinaria e il 2024 prosegue sulla stessa scia, grazie all’esplosione del turismo, che ha dato ossigeno al Pil e alle nostre imprese. Tuttavia, il settore rimane gravato da problemi strutturali, il più urgente dei quali è la carenza di manodopera. Questo problema non riguarda solo noi, ma è un tema trasversale e universale”.

Cosa ha causato questa carenza di manodopera? “Sui temi del lavoro c’è innanzitutto una questione sociale collegata ai temi della scarsa natalità. È evidente la correlazione che esiste tra lavoro e famiglie, non solo per la conciliazione dei tempi tra lavoro e impegni privati, ma anche perché senza un buon lavoro e contratti equi non si mette su famiglia e non si fanno figli. Nel frattempo bisogna saper gestisce meglio l’unica alternativa possibile, cioè la ‘buona” immigrazione, da affrontare tralasciando le anacronistiche ideologie e le strumentalizzazioni politiche, aumentando i contingentj dei flussi e prevedendo percorsi di integrazione sociale e di formazione professionale. C’è poi una questione culturale, che sta nel ridare dignità al lavoro”.

Il lavoro non è più avvertito come un valore tra i giovani? “È forse l’aspetto più delicato, sul quale hanno molte responsabilità le vecchie generazioni, che confermano la validità di un aforisma cinese che recita: “In tempo di guerra i giovani uccidono i vecchi, in tempo di pace sono i vecchi ad uccidere i giovani”. La colpa è soprattutto di chi non ha saputo trasferire alle generazioni più giovani i valori edificanti e qualificanti del lavoro e la dignità che rafforza le persone, trascurando o rifiutando l’insegnamento che la fatica e i sacrifici producono oppure a cercare il posto piuttosto che il lavoro”.

Qual è la vostra posizione rispetto al commercio elettronico “Non si richiede di arginare il commercio elettronico, fenomeno planetario inarrestabile, anche se qualche intervento di equità fiscale si impone, ma di sostenere la tradizionale rete commerciale con agevolazioni fiscali, incentivi, aiuti e politiche attive di rigenerazione che offrano prospettive ad attività la cui utilità va ben oltre l’impatto economico che producono”.

Francesco Anfossi, Famiglia Cristiana – 21 novembre 2024


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