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Le cliniche accreditate. «Serve più integrazione Il budget è inadeguato»

Sanità in Emilia Romagna: parla Cesare Salvi

Un sistema integrato, pubblico e privato, per abbattere le liste di attesa. Riflette su questo tema Cesare Salvi, presidente regionale Aiop (Associazione italiana ospedalità privata). Il sistema sanitario emiliano-romagnolo è un’eccellenza nel panorama italiano. Quali le luci e quali le ombre? «Intanto ha detto bene, un sistema: è un sistema integrato fra una componente pubblica con forti eccellenze e una privata accreditata altrettanto eccellente in varie specialità. Le ombre sono date dal Covid e dal post pandemia: recuperare oggi quello che è stato uno stop di due anni è complicato. Quindi le liste di attesa sono l’argomento di strettissima attualità e la cosa più importante, ma sia noi sia il settore pubblico, facciamo fatica a dare risposte ai pazienti perché le agende sono strapiene e i professionisti non possono lavorare h. 24». Come possono aiutare le cliniche accreditate in questo complesso ambito? «Serve una maggiore e vera integrazione: sfruttare il privato accreditato per le potenzialità e l’efficienza per dare più prestazioni, ma non a intermittenza come a volte succede. Deve essere una integrazione a 360 gradi, allora penso che il nostro sistema sanitario possa recuperare efficienza nel medio periodo. Ci vorrà tempo per tornare a pieno regime». I punti di forza del privato accreditato? «Molte strutture associate Aiop si sono specializzate: alcune fanno riabilitazione, altre fanno cardiochirurgia ad alto livello, poi ci sono strutture poli-specialistiche che sono dei veri e propri ospedali. Oggi scontiamo limitazioni di budget che non sono certo colpa della Regione e se non ci sono finanziamenti si creano crepe inaccettabili fra chi può pagare la prestazione sanitaria e chi no. Il vantaggio per la struttura accreditata è che abbiamo meno vincoli, abbiamo maggiore libertà che ci permette di essere più efficienti. Questo è un vantaggio per tutto il sistema». Cosa pensa dell’attuale percentuale di finanziamento del sistema sanitario nazionale? «La percentuale del Pil riservato alla sanità, pur con l’aggiunta dal bilancio regionale per quanto possibile, è insufficiente. Non può sostenere il sistema universalistico: Francia e Germania mettono tra il 9,5 e il 10 per cento del Pil. Ma la sanità non è un costo: è un investimento che nuove l’economia, come abbiamo cercato di dimostrare attraverso lo studio di Nomisma presentato durante l’illustrazione del nostro bilancio sociale». Quale potrebbe essere l’idea di un nuovo sistema sanitario regionale? «Della maggiore integrazione pubblico-privato ho già accennato, ma lasciando al settore pubblico l’indirizzo delle grandi patologie. Poi utilizzare al massimo tutto quello che c’è sul territorio: insieme possiamo fare tantissimo».

Monica Raschi, Il Resto del Carlino -2 agosto 2024

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