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Porretta Festival da record. «Quarantamila presenze»

Graziano Uliani, storico art director dell’evento giunto alla 36esima edizione. «L’interazione tra il pubblico e gli stessi musicisti ci ha commosso»

«I concerti di Porretta Soul? Come andare ogni volta a una messa Gospel, l’interazione con il pubblico e fra gli stessi musicisti ci ha commosso. Tutti ne siamo usciti migliorati». Pensieri e parole di Graziano Uliani, deus ex machina di un festival che s’è inventato dal nulla. Del resto «vivere il Porretta Soul Festival è un’emozione che va assaporata più di tante altre», scriveva qualche anno fa DownBeat. È come rimasterizzare Otis Redding». Ed è quanto ha confermato la 36a edizione «della musica dell’anima». Ma per il celebre art director è già tempo di bilanci. «Le presenze superano le quarantamila. Sul palco del Rufus Thomas Cafe Stage si sono esibite 15 band, con la media di quattro al giorno. I concerti partivano alle 11 del mattino, spalmati fino alle sette di sera. Nel Rufus Thomas Park per le date a pagamento si sono contate duemila persone a sera, con altre ottomila per gli appuntamenti esterni, con una media, quindi, di 10mila presenze giornaliere».

I personaggi? «Un certo Andrew Strong, che ha diretto i giochi all’inizio, tra gli spasimi di una platea sedotta dalle immagini del film ’The Commitments’ di cui è stato primattore. O Mitch Woods pianista fuoriclasse del boogie (due nomination ai Blues Music Awards 2018) che ha introdotto la Memphis Music Hall Of Fame Band. E l’ineffabile Rick Hutton, stile britannico e calore latino, che ha condotto con stile inappuntabile i giochi sul proscenio». 

I fatti salienti? «La premiazione di Billy Vera che ha scritto per la globalità degli artisti, venuto in punta di piedi; la duplice esibizione della straordinaria Wendy Moten, che s’è concessa anche il piccolo lusso di raccontare con due operatori il suo viaggio porrettano; la performance di Jerome Chism, frontman del B.B. King, soulfull blues club di Memphis, che ha sorpreso per la bravura con cui canta». 

Le grandi attrazioni? «La macchina dei Blues Brothers in piazza della Libertà, antistante al Rufus Thomas Park, ha fatto da catalizzatore. Il proprietario, un ingegnere del Cern di Ginevra sedotto dal nostro festival, s’era detto disponibile a portarvi in giro adulti e bambini». 

Gli altri protagonisti? «La band residente, quanto di meglio offra Memphis. Impeccabili i musicisti, superbo Kurt Clayton che li dirige. Carlo Pagnotta, patron storico di Umbria Jazz, mi ha chiesto di portarla alla prossima edizione della sua rassegna». Complimenti arrivano anche da Riccardo Negrelli, co-curatore del progetto Sala della Musica per Salaborsa: «Ad Elvis piacerebbe sapere che onori la sua eredità suonando le canzoni che amava e che affondano le loro radici a Memphis e nel Delta del Sud. Il vostro festival dimostra che la grande musica è davvero universale!».

Gian Aldo Traversi, Il Resto del Carlino – 1 agosto 2024

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