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Carlo Sangalli (presidente di Confcommercio). «Alzare gli stipendi? Meglio ridurre i costi»

Serve un patto territoriale dove il proprietario dei locali tiene fermo il canone di locazione e non lo aumenta, in cambio di cedolare secca e sconto Imu

Aumentare gli stipendi o ridurre i costi? E questo il problema. Se il sindaco Beppe Sala lavora sul primo aspetto, il presidente di Confcommercio Milano, Carluccio Sangalli, prova a invertire i termini, «perché alla fine il risultato non cambia». Ridurre i costi per le attività commerciali, potrebbe avere due risultati; evitare la morte di tanti negozi di vicinato tra centro e periferia e, più difficile da ottenere, ma auspicabile, il freno all’aumento dei prezzi per il resto della cittadinanza.

Presidente Sangalli, aumento o riduzione.

«II sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha lanciato una proposta che mira a ridurre i costi per evitare la morte di tanti esercizi che sono il tessuto delle città. Dice le cose che Confcommercio dice da tempo. Che Milano sia in crescita è indubbio e il bilancio è certamente positivo ma credo anche che invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambi».

Spieghi.

«Prima di arrivare ad aumenterei salari che a Milano sono già superiori del 20% ispetto alla media del Paese, vediamo di diminuire i costi che dall’inizio della guerra in Ucraina sono aumentati in maniera esorbitante: dall’energia elettrica, al gas, alle materie prime. Cerchiamo di ridurre il costo della vita>>.

Come?

«Cominciamo a pensare a un accordo territoriale che possa permettere alle imprese di ridurre uno dei costi principali della loro attività, poi ragioniamo anche sull’aumento degli stipendi».

Qual è il costo principale?

«L’affitto degli spazi. Si dovrebbe lavorare a un accordo territoriale dove il proprietario dei locali tiene fermo il canone di locazione e non lo aumenta. In cambio può usufruire della cedolare secca al 21 per cento e di uno sconto sull’Imu da parte del Comune. A quel punto l’operatore commerciale, non avrebbe più una spada di Damocle pesantissima sulla testa per i prossimi dieci anni e può eventualmente ragionare sul fatto di reinvestire le risorse liberate sulla sua attività».

Chi riguarderebbe? Anche la grande distribuzione?

«No, solo i negozi di vicinato e le attività artigianali di servizio».

Tutto bellissimo. Ma cosa viene in tasca al cittadino? 

«L’aumento dell’inflazione è legata ai costi. Se all’imprenditore aumentano i costi cosa succede? Una parte li ammortizza a suo carico e una parte li scarica inevitabilmente sul consumatore. Se invece non c’è la spada di Damocle dell’aumento del canone che gli pende sulla testa, i prezzi si congelano anche perché la logica del mercato è inflessibile: con la libera concorrenza il cliente va dove la qualità è la medesima mai prezzi sono inferiori. Un’operazione del genere avrebbe un effetto calmieratore sul prezzo finale».

È una strada percorribile?

«Sono credente e osservante. Ero presente all’omelia dell’arcivescovo Delpini e ho trovato di particolare interesse il richiamo alle “alleanze costruttive” come buona pratica per affrontare le grandi divisioni. E il metodo giusto per le sfide e gli impegni che ci attendono. Ci vuole coraggio.

Il Corriere della Sera, 13 dicembre 2023

Carlo Sangalli
Carlo Sangalli – Presidente Confcommercio Imprese per l’Italia

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