Il caffè a 1,50 euro «Ma è sottocosto». Ciaffi (Ascom ): il ricavo è di appena 0,08 euro
Un caffè al volo da Zanarini oggi si paga un euro e cinquanta centesimi. E non è perché siamo in uno dei locali storici e storicamente à la page di Bologna. Costa così anche dal piccolo e pluripremiato Aroma, in via Porta Nova e in tutti i locali del giovane e ricercato Brisa. Resta a 1,30 euro il caffè nei diversi Principe della città e nell’antico Gamberini, di via Ugo Bassi, come da Regina di Quadri in via Castiglione. Difficile ormai trovare sotto le Due Torri caffè che si fermino a un euro, ma ci sono. In via Spartaco, ad esempio, basta una moneta per il caffè. Alla Pasticceria al Parco spiegano che «siamo un’attività familiare, riusciamo a starci dentro con i costi, e finché possiamo ci piace poterlo servire a un prezzo basso, visto che sappiamo come la vita sia diventata cara». «La nostra clientela è soprattutto composta da pensionati, gente della zona — raccontano — Si vedono poco i giovani sui trent’anni, quelli che dovrebbero mettere su famiglia e devono invece fare i conti con la precarietà: loro in questo momento secondo noi sono quelli che fanno più fatica».
Nonostante gli aumenti siano di pochi centesimi (dieci, venti al massimo) il caffè va spesso di traverso alla scoperta di quel pur minimo rincaro. Eppure. «Per un cocktail al bar si è disposti a pagare senza batter ciglio io euro, per un vino di cui non si conosce nemmeno il valore anche più di 6 euro ma se il caffè aumenta da 1 euro e io centesimi a 1 euro e 20 centesimi ce la si prende e magari in quel bar non ci si toma più: la gente non sa cosa c’è dietro a quel caffè, purtroppo è una cultura che si è persa», riflette amaro Alessio Cioffi, uno dei soci del Principe e fresco presidente della Federazione Caffè, bar e pasticcerie di Ascom Bologna. «II caffè e tutto quello che lo accompagna è venduto sottocosto», chiarisce. A partire dalle brioche. «Perché per torte e mignon si possono spendere 35 euro al chilo e per una brioche solo 5 euro? Le ore di lievitazione, la manodopera e le materie prime non sono mica così diverse».
L’inflazione rende amarissimo il caffè e i compagni da banco. «Ci sono costi che prima non erano nemmeno quantificabili, come i tovagliolini: prima si pagavano al chilo, ora si va a numero. Sono aumentati del 200-400 ». I rincari di questi giorni non bastano evidentemente a coprire le spese. «Tra le prime cose che farò come presidente ci sarà quella di ripristinare il listino prezzi minimo consigliato. Su un caffè venduto a 1 euro e io, il ricavo è di o,o8 euro: non è un caso se cinque bar su io non sopravvivono a cinque annidi attività e se anche quest’anno il rapporto tra aperture e chiusure è negativo», fa presente. «E un settore in sofferenza: chi fa altro, come noi al Principe, non ha problemi, ma chi vive solo di colazioni cambia gestione ogni due o tre anni: e chi lascia ci ha rimesso tempo, soldi e diventerà *** un disoccupato». Confesercenti conferma. «I costi sono aumentati tanto, i margini non bastano più: si registra un calo dell’utile molto forte», dice il presidente Massimo Zucchini. «Alcune attività hanno avuto aumenti del 300%». Sono cresciuti affitti, bollette e materie prime. «L’inflazione l’anno scorso era intorno al io%: tutti abbiamo aggiornato i listini. Ed era una decina di anni che non si faceva: il caffè è sempre rimasto intorno all’euro. Ma ora se non aumenti non stai più sul mercato. Il food-cost è diventata una tematica fondamentale, ne va del futuro della propria attività». Caffè e giornale fino a qualche anno fa avevano lo stesso prezzo. Solo nell’ultimo periodo la tazzina costava meno. Ora si stanno riallineando. Per chi li ama non sono spese voluttuarie. Restano piaceri a cui è impossibile resistere. E valgon ben più di quell’euro e cinquanta di cui si scriveva sopra.
Francesca Blesio, Il Corriere – 14 maggio 2023