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Usura, allarme di Confcommercio: «A rischio 31.000 piccole aziende»

Abusivismo, estorsioni e furti: sicurezza peggiorata. «L’illegalità costa al settore 33,6 miliardi di euro»

Inutile girarci intorno: il parto sgradito di Covid e crisi si chiama usura. Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, lo dice al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, seduto al suo fianco, e alla prima fila di autorità e di ufficiali della Gdf in una sala stracolma. Nella sede dell’organizzazione più rappresentativa di commercio e servizi, l’allarme suona forte e chiaro: «Gli strascichi dell’emergenza pandemica, la crisi dei costi energetici, l’inflazione, il ribaltamento dei mercati finanziari, rappresentano un vero e proprio detonatore dell’usura», denuncia Sangalli nel corso di ’Legalità mi piace’, appuntamento tematico per riflettere sulle insidie di questo tempo fragile. La stima associativa è impressionante: «Nel complesso, 31 mila piccole aziende del commercio e dei pubblici esercizi sono oggi ad elevato rischio usura», in un quadro sfregiato «dall’illegalità», che «costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi 33,6 miliardi di euro all’anno e mette a rischio 268mila posti di lavoro: in termini di fatturato la perdita annua è di 23,7 miliardi di euro». «Quando chiediamo moratorie fiscali e creditizie, non chiediamo ’salvagenti’ per le imprese, ma strumenti che possono essere decisivi per non appigliarsi altrove». Magari «sulla ’pinna’ della criminalità», continua il presidente di un settore che teme gli abissi della mancanza di liquidità, fiducia o prospettiva. Lo strozzinaggio? Più di uno spauracchio.

I dati snocciolati dall’ufficio studi fanno male: «L’usura è il fenomeno illegale percepito in maggior aumento dagli imprenditori (per il 25,9%), seguito da abusivismo (21,3%), estorsioni (20,1%) e furti (19,8%)». Ancora: «Il trend è più marcato al Sud e nel commercio al dettaglio non alimentare dove l’usura è indicata in aumento dal 30% delle imprese». A Roma i ’cravattari’ imperversano: lo segnala il 28,5% del campione, per conoscenza diretta o deduzione ambientale. E il ’sentito dire’ cresce ulteriormente al Sud (31,1%). Per fortuna – dato nazionale – il 59.4% degli intervistati ritiene che denunciare sia l’unica strada. Le associazioni di categoria sono il primo presidio. Poi c’è lo Stato che deve fare la sua parte. «Serve un salto di qualità – ammette il ministro Piantedosi –. Il sommerso è legato anche alla volontà di tenere per sé la tragedia che si sta vivendo»: perciò è giusto «pensare anche a un sostegno psicologico individuale» per le vittime di questo «circolo vizioso» che si alimenta «coi soldi della criminalità organizzata e va a distruggere l’economia legale». Oltre a famiglie e vite.

Giovanni Rossi, Il Resto del Carlino – 29 marzo 2023
Carlo Sangalli

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