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Da Ennio a Stay, la storia dietro il bancone

Profumeria o abbigliamento: quelli che sono aperti da più di 50 anni

Profumeria o abbigliamento: quelli che sono aperti da più di 50 anni Da Ennio a Stay, la storia dietro il bancone Hanno alle spalle decenni di storia. Hanno servito dietro i loro banconi generazioni di bolognesi. Abbigliamento, intimo, profumi e creme. Stay Conf, la cui insegna gialla illumina il trafficato incrocio fra piazza Malpighi e via Ugo Bassi, ha aperto nel 1968. Ennio Profumerie, due vetrine in città e una al centro commerciale Pilastro, dispensa consigli di bellezza fin dal 1956. Per non parlare di Da Massimo in via Riva Reno, avviato quasi cento anni fa, nel 1930, dal nonno della signora Silvia Bettini che ancora oggi, a fatica, manda avanti una delle botteghe cittadine che si può fregiare del marchio storico. «Per fortuna che i muri sono nostri, altrimenti non saprei proprio come fare per andare avanti», dice mostrando il libro che raccoglie le attività commerciali che hanno fatto la storia di Bologna. Camicie, maglieria, pigiami, tute, biancheria intima, tutto per l’uomo, in un negozio vintage che ha mantenuti gli arredi del passato. In comune, oltre all’anzianità, vivono la stessa crisi del commercio al dettaglio che colpisce il centro, acuita dagli anni della pandemia, dai successivi rincari delle bollette e dai mutamenti degli acquisti. Va male, la ripresa sembra lontanissima, dopo il Covid, niente più è come prima. «Tutto è cambiato rispetto al passato e non c’è più una regola – prosegue Bettini – prima sapevi quali erano i giorni che andavano bene. Per esempio il fine settimana, con l’onda lunga della Piazzola che arrivava fino a qui. Adesso è tutto stravolto». Anche Michela, commessa storica di Ennio, allarga le braccia pensando agli scontrini che non si battono. «Abbiamo goduto dell’onda lunga del periodo natalizio – racconta – fino a gennaio le vendite sono andate benino, ma ora è tutto fermo, online compreso. Forse bestemmierò ma durante la pandemia gli affari sono andati meglio perché quando le persone uscivano di casa, almeno spendevano». Quello che è scomparso è il cliente medio: «Funziona il lusso, ma il prodotto col prezzo standard resta invenduto».

Giacche classiche, pantaloni in lana, cappotti, tabarri. Ecco il regno della famiglia Fanton, 250 metri quadrati in affitto sotto la Galleria del Toro. «Una volta fra i negozi di abbigliamento classico per uomo c’era una grande concorrenza, eravamo una cinquantina, adesso siamo rimasti forse in tre», racconta Stefano Fanton, figlio di Ilario che qui aprì bottega. Entra qualche turista, quale avvocato, qualche professionista, ma le vendite sono sostanzialmente ferme. Al contrario di quel che succede spesso nei passaggi generazionali in una impresa di famiglia, Fanton è stanco di combattere con un momento di crisi che in realtà dura da anni. «Se fosse per me andrei in pensione subito, ma è mio figlio, che ha rilevato le quote societarie del nonno, a voler andare avanti. L’unica soluzione che vedo per noi è quella di ridursi come dimensioni per ridurre i costi e indirizzarci a una clientela di alto livello». Per il momento l’insegna gialla Stay anni Settanta non scomparirà.

sab.cam., La Repubblica – 17 marzo 2023

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