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La crisi dei negozi. Centri storici desolati Chiudono le librerie, restano le farmacie

Denuncia di Confcommercio: colpa del Covid e della crisi energetica. Giancarlo Tonelli: “Aperture al palo. Ma Bologna ha fiducia, cresce l’ottimismo fra gli esercenti

Centri storici, vie dello shopping, ma anche viali e arterie di periferia: la pandemia, il commercio online e la crisi energetica hanno cambiato lo scenario urbano delle nostre città e cittadine. I negozi di vicinato e le attività commerciali di quartiere scompaiono giorno dopo giorno, lasciando il posto a serrande abbassate e vetrine abbandonate. Una visione quotidiana che trova riscontro della nuova analisi, ’Demografia d’impresa nelle città italiane’, realizzata dal Centro Studi di Confcommercio: tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 100mila imprese del settore, più di 99mila di attività di commercio al dettaglio e 16mila di commercio ambulante. Mentre sono cresciuti alberghi, bar e ristoranti (+10.275). Così come è aumentata la presenza straniera, sia come numero di imprenditori (+44mila), sia come occupati (+107mila), con la riduzione di iniziative e lavoratori italiani (rispettivamente -138mila e -148mila). 

Meno vetrine in città e nei centri storici. Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord. Cambia, nello specifico, principalmente il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).Tanto per il totale Italia quanto per le 120 città considerate, è necessario rimarcare la perdita di tessuto commerciale in sede fissa, con una riduzione del numero di punti di vendita attorno al 4% tra il 2019 e il 2022, valore che supera il 9% per gli ambulanti. Rischio di desertificazione commerciale La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confinano – spiegano da Confcommercio – con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). 

«La sparizione dei negozi dalle città italiane – incalza il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi – danneggia sia i commercianti, sia i cittadini che risiedono nei piccoli centri e si vedono privati di servizi fondamentali, e crea una nuova forma di degrado urbano con la strade sempre più caratterizzate da serrande abbassate che offrono un’immagine deprimente del nostro Paese». La crescita delle attività di alloggio e ristorazione, del resto, non compensa le riduzioni del commercio, ma modifica in misura rilevante le caratteristiche dell’offerta nelle città e nell’economia in generale. Complessivamente, la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’online , invece, è «pericolo» e «opportunità». Assoutenti avvisa che i numeri sulla crescita del giro d’affari dell’e-commerce «non lasciano spazio ai dubbi»: in soli 7 anni la spesa degli italiani per gli acquisti online è salita da una media di 643 euro a famiglia del 2015 ai 1.864 euro del 2022, con un aumento che sfiora il +190%.

Claudia Marin, Il Resto del Carlino – 28 febbraio 2023

Aperture al palo. Ma Bologna ha fiducia, cresce l’ottimismo fra gli esercenti

Il commercio, dopo gli anni difficili della pandemia e a conflitto tra Russia e Ucraina in corso, ora ha voglia di ripartenza. «Ci aspettiamo un 2023 positivo, ancora meglio delle previsioni che parlavano di ripresa solo dal 2024 in poi», afferma Giancarlo Tonelli, direttore generale Confcommercio Ascom Bologna. Il 2022 si è chiuso con un totale di 20.815 esercizi commerciali presenti in città e provincia, contro i 21.317 dell’anno precedente. 

Gli esercizi dedicati al turismo (non solo alberghi, ma anche ristoranti, pizzerie, pub e bistrot) erano 7.408 contro i 7.526 del 2021. «Fino al 2019 – spiega Tonelli – c’è stata una grande crescita delle attività commerciali, di servizi e turismo. Il Covid ha poi colpito i nostri mondi, toccati in maniera forte dalle difficoltà e dalle chiusure a singhiozzo. Alcune attività sono cessate o non hanno aperto perché, anche in un territorio fortemente in crescita come il nostro, tutti coloro che potevano essere interessati ad aprire una nuova attività, sono rimasti fermi a capire cosa sarebbe successo. Nel 2022, anno in cui si iniziava a notare una ripresa in maniera consistente, c’è stata poi la guerra che ha portato, come sappiamo, all’aumento generalizzato dei costi». I primi due mesi del 2023, però, sono stati molto positivi per gli esercizi commerciali: «Anche grazie ai saldi invernali, si è registrata una crescita pari al 10% dei fatturati delle nostre attività. Man mano che si va verso la primavera ci aspettiamo un grande ritorno dei turisti, grazie ai ponti». 

A giocare a favore degli esercenti è anche il Decreto Unesco, il regolamento comunale adottato nel 2019 che vieta l’insediamento di nuove attività commerciali del settore alimentare, di internet point, money change, phone center e a «compro oro» in centro, a meno che non siano subentri o progetti speciali approvati dal Comune.

Matilde Gravili, Il Resto del Carlino – 28 febbraio 2023

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