Il compleanno dell’hotel delle star, già Baglioni, che ospitò Lady Diana. I ricordi del direttore Biondi, da 35 anni l’anima del grande albergo
L’allure del Baglioni, la massima espressione dell’hotellerie in città, orgoglio dei bolognesi. E tempo di celebrazioni, il più prestigioso pentastellato di Bologna compie 110 anni. Oggi nel tardo pomeriggio festa e ricevimento, con tanto di spettacolo che ne ripercorre le gesta affidato alla voce di Giorgio Borghetti che, sotto le sembianze dell’immaginario direttore Adelmo, si rifà al libro C’era una volta il Grand Hotel Majestic «già Baglioni» edito da Minerva.
Storia ricca e piena di stelle del mondo dello spettacolo, della cultura, della politica, dell’industria, dello sport e delle corti d’Europa: ospiti che hanno varcato il suo ingresso, un tempo attraversato dai religiosi dato che fino al 1912 era il Seminario Arcivescovile voluto dal Cardinale Lambertini, poi Papa Benedetto XIV, progettato dal Torreggiani proprio davanti a San Pietro (nel 1943 fu anche comando di rappresentanza dei nazisti).
Tanti proprietari (ora della famiglia Bandiera), tante gestioni, e tanti nomi, all’inizio Grand Hotel Baglioni, poi Majestic, durante il fascismo Maestoso fino all’attuale Grand Hotel Majestic «già Baglioni». E tanti direttori, fondamentali per dare un’anima anche alla bellezza che contiene.
L’ultimo tratto di strada I dell’attuale Baglioni non può che essere legata al direttore romagnolo Tiberio Biondi, da 35 anni punto di riferimento, dalla A alla Z, dell’hotel. Nelle oltre 100 stanze, nel bar Marinetti, nella prestigiosa sala Europa affrescata dai Carracci e quindi anche nel rilanciato ristorante «I Carracci», a sua volta illuminato da altri magnifici affreschi: ovunque. È partito da Gambettola Biondi. L’accoglienza la sua passione. Scuola alberghiera stage in Italia e all’estero, poi al Grand Hotel di Rimini dove rimane folgorato. Arriva in via Indipendenza nell’87, quando era in carriera al Jolly, subito dopo la riapertura successiva a 10 anni di ristrutturazione.
Una seconda vita per il Baglioni, un trampolino per lui, messo a capo della Reception lì dal direttore Magrini a cui prenderà il posto nel 2010 con la nuova gestione Duetorrihotels.
Biondi in questi 35 anni non ha s0lo accolto, ma anche studiato la storia dell’hotel, «che un tempo era ancora più grande occupando anche parte di Palazzo Fava con la splendida Sala Giasone e l’immobile. accanto, ora di una banca, dove aveva sale e saloni e aperte alla città e ai bolognesi».
Da questa porta ‘pubblica’ nasce la famosissima mostra lampo dei futuristi in testa il frequentatore Filippo Tommaso Marinetti e poi gli artisti Morandi, Vespignani, Licini, nel marzo del 1914· Uno dei tanti eventi che ne caratterizzano la storia, da qui cocktail e bar. Prestigiosa già nei suoi primi anni di vita le cui presenze sono custodite nel grande libro delle firme, andato perduto dopo la vendita dell’hotel da parte della Contessa veneta Totti.
«Mancava quel pezzo di storia oltre a molta mobilia portata via dalla proprietà. Per il centenario provai a riscostruire le vicende del primo Novecento contattando la Contessa: trovai gli eredi con qualche racconto, trovai il librone che mi fu donato». E ora è in bacheca. Basta scorre re l’elenco delle firme per capire cosa fu fin da subito il Baglioni, celebrato anche per la sua cucina dal grande scrittore di viaggi inglese, Robert Byron. Manca la firma del Duce, «la sua pagina, ci è stato narrato, fu strappata».
Dopo la guerra ci sono gli scatti di Breveglieri a certificare la prestigiosa frequentazione. Dall’87 anche la memoria Biondì, riservatissimo come giusto che sia.
Gli brillano però gli occhi a ricordare la visita di Lady Diana, «con cui non parlai: c’è un protocollo rigido. Fuori c’era la folla». Visita raccontatissima. A Lei la suite Presidenziale Giambologna e per la corte al seguito un piano intero, stanza rifatta dalle «sue» governanti. Al ritorno dalla cena di gala del Pavarotti Friends si fece portare in camera un richiamino: un piatto di lasagne che spazzolò per bene, ricordato come la scarpetta della principessa. Sarah Ferguson viene invece citata perché camminava scalza sulle moquette dell’albergo.
L’elenco dei Vip che hanno soggiornato al Baglioni è infinito. Ancora oggi preso d’assalto dai fan in occasione dei concerti, con Justin Bieber che allarmato «preferì poi dormire nel suo camper».
Biondi snocciola qualche altra curiosità. «Un ospite ci chiese di poter arrivare con la sua signora, era San Valentino». Fra i tanti musicisti, da Elton John a Paul McCartney, «con cui dialogai amabilmente e alla fine cantò uno dei suoi pezzi», fino a Ray Charles che in camera sua prese la mano alla governante descrivendola «alla perfezione, con sconcerto della stessa». Ricorda anche le gemelle Levi Montalcini, in suite, con la sorella del premio Nobel che si sentì male.
All’appello mancano i bolognesi? Nient’affatto. «Durante il Covid molti, non potendo viaggiare, si sono concessi una vacanza da noi. Diversi imprenditori con la casa in ristrutturazione sono stati da noi». Sinisa Mihajlovic, come ricorda nella sua autobiografia, era qui durante la malattia, pregando a due passi in San Pietro.
Clientela per lo più straniera, il 70%, conquistata dalla viva cita della città, «viva e apprezzata. Sono così tante le richieste di informazione che nel 2023 apriremo una ‘guest relation’ accanto alla reception con una persona dedicata». Richieste strane? «Aria condizionata, stanze grandi, il silenzio. Stranieri esigenti più degli italiani». Ci sono anche gli influencer. «Tarati sul nostro target. Sono puntigliosi, ma funzionano, magari non come il servizio di Tucci sulla Cnn». Come in tutti gli alberghi che si rispettino ( … ) anche al Baglioni si portano via gli accappatoi, «e vabbè, che ci possiamo fare … ». Ma il gadget più sottratto ora è la targhetta «Non disturbare» con il nome e logo dell’hotel «che anni fa feci fare in pelle: a quanto pare piace molto. Diciamo che è marketing.
Il Corriere della Sera – 24 novembre 2022