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«Non trovo personale». E chiude la pizzeria

Francesco Oppido, proprietario di Storiedipinte, e lo stop al locale in città: «Facevo 100 coperti ogni sera. L’impegno spaventa»

«Basta, ci rinuncio e chiudo la pizzeria Storiedipinte: non riesco a trovare dipendenti per poter soddisfare tutti i clienti che arrivano». Lo sfogo di Francesco Oppido – 43 anni, imprenditore crotonese che da oltre due decadi a Bologna ci fa apprezzare l’arte della pizza gourmet – è un paradosso che lega successo e disperazione. Dopo quattro anni dall’apertura, è costretto ad alzare bandiera bianca e concentrare le risorse sul locale-gemello di San Lazzaro, che va a gonfie vele. «Lavoravamo molto a Bologna: facevamo 100 coperti di media alla sera, spesso soltanto con una cameriera, una cassiera, due in cucina e due pizzaioli. Non potevo andare avanti così. E durante la pandemia l’indotto dell’asporto è stato eccezionale – racconta Oppido, che in città ha aperto il Ranzani 13 oltre il Re di pizza a Castel San Pietro –. Purtroppo mi sono scontrato con una realtà preoccupante: la mancanza di personale. In estate ho avuto 60 telefonate di interesse per posti di lavoro quali cameriere, cassiere, pizzaiolo e cuoco, ma solo dodici sono arrivati a fare il colloquio e alla fine tre trattative sono andate a buon fine». 

La paga che la società offre non è da fame, come si potrebbe sospettare maliziosamente, anzi. «Proponiamo stipendi in linea con il settore – rivela l’esperto pizzaiolo cresciuto in una famiglia di pasticceri –. Per 30 ore settimanale, sei al giorno per 5 giorni, diamo 1.600 euro ai pizzaioli, ai camerieri 1.400 e ai lavapiatti 1.200 euro: netti, ovviamente. Con tredicesima e quattordicesima. Siamo professionisti che capiscono cosa significa fare questo mestiere: conosco ogni dettaglio, dall’inizio alla fine, della passione e della fatica che servono». Questa tendenza di non accettare un posto di lavoro, vuoi perché si ha il Reddito di cittadinanza, vuoi perché l’impegno spaventa chi non ha esperienza, non è solo bolognese: «Si tratta di una realtà che va estirpata, perché molti miei amici imprenditori in Italia mi riferiscono lo stesso problema. In più, quel poco di manodopera che arriva è scarsamente qualificata e non ha voglia di imparare. La gente mi chiede: ‘ma quante ore devo lavorare?’, ‘posso stare a casa nel weekend?’. Briatore li chiamerebbe fannulloni? Io dico che sono molto svogliati». 

L’identikit di chi cercava lavoro era dai 18 ai 35 anni, la maggior parte italiani, con gli stranieri che hanno accettato più spesso il contratto. «Adesso ho convogliato due staff nel locale di San Lazzaro, perché non ce la facevo neanche lì. E stiamo aperti solo alla sera: devo fare scelte molto dolorose. Sono tre anni che non faccio le ferie per seguire da vicino le operazioni, dopo 30 anni di professione non posso vivere così. Devo pregare le persone per lavorare, è imbarazzante. Molti padri di famiglia senza stipendi in casa hanno rifiutato, altri accettano tutto poi a poche ore dal primo giorno mi chiamano e si dimettono. Perché? Non ne ho idea», spiega amareggiato l’imprenditore che gestisce 21 dipendenti, essendo socio anche nel locale PastaMadre di Bruxelles. Ora, dopo aver venduto l’attività di via Padoa («a una cifra ridicola, nonostante fosse un’impresa in ottima salute»), Oppido si concentra su un altro progetto intrigante: «Voglio scommettere sulla pizza al taglio di alto livello, che a Bologna non è molto diffusa».

Alessandro Belardetti, Il Resto del Carlino – 29 settembre 2022

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