Di Pisa, presidente della Federazione dei grossisti: il calo dei consumi oscilla già tra 2 e 3%
BOLOGNA Valentino Di Pisa, presidente di Federagromercati (Federazione nazionale dei grossiti ortofrutticoli), come sta andando il vostro settore?
«Sta attraversando momenti di seria difficoltà, come del resto tutto il sistema economico alimentare. Abbiamo superato la pandemia in maniera brillante, pensavamo che il peggio fosse passato, invece la guerra ha creato la tempesta perfetta relativamente a materie prime, energie e carburante. L’Ucraina era il granaio del mondo e il conflitto causa problemi soprattutto per i Paesi arabi e africani. Noi europei, invece, siamo colpiti sul fronte delle esportazioni: l’Ucraina era un bacino molto ricettivo per l’ortofrutta e quel mercato è andato perso».
Qual è la situazione in Emilia Romagna e nelle Marche?
«Sono regioni che soffrono, come tutte le altre del resto. Non ci sono grandi differenze rispetto al resto d’Italia. I numeri in questo momento sono all’incirca gli stessi per tutti e non dipingono uno scenario roseo. Emilia e Marche cercano di tenere duro, a San Benedetto per esempio c’è un mercato importante, ma soprattutto per il pesce, mentre i grossisti iscritti con Fedagro sono diciotto solo a Bologna, i più grandi li abbiamo a Torino, Milano, Parma, Rimini, Firenze e Roma. In tutto ne contiamo 802 a livello nazionale».
Quali i problemi principali?
«Una delle difficoltà maggiori è data dall’aumento del costo dei trasporti, dal 20 al 25% a seconda dell’agenzia, qualcuno arriva anche al 30%. E c’è poi chi si riserva nelle fatture di aumentare di un ulteriore 10%, nel caso in cui dovesse salire ancora il prezzo del carburante. Così è un disastro, perché non abbiamo più nemmeno mezza certezza, siamo in balìa di eventi».
E dovete destreggiarvi tra i rincari dei materiali.
«Oggi le spese sono aumentate anche dal 50 al 200%, e mi riferisco agli imballaggi di plastica, ai pallet in legno dove si sistema la merce in partenza e a tutto quanto necessario per legare le pedane. Tutti costi lievitati, che per noi grossisti gravano sui bilanci. Non è possibile nemmeno far salire il prezzo della merce, dato che trattiamo un prodotto altamente deperibile. Si deve vendere subito, il giorno stesso o il successivo, altrimenti tocca svendere. Abbiamo anche un grosso problema di produzione e la siccità ha dato il colpo di grazia a una situazione già complicata. Oggi non ne vediamo ancora gli effetti, ma presto li vedremo».
Qualche prodotto avrà inevitabilmente ritocchi al prezzo. Per quali dobbiamo aspettarci un aumento?
«A breve termine, per i pomodori dal meridione e le zucchine: iniziano a scarseggiare entrambi. È rimasto invece sempre alto quest’anno il costo di pesche e nettarine, abbiamo infatti sopperito alle quote di esportazione della Spagna, provata dal maltempo».
Una crisi generale. I consumi ne risentono?
«Parecchio, il consumatore deve fare i conti con l’aumento di benzina, gas, elettricità. Il calo delle vendite oscilla tra il 2 e il 3%. La gente in parte rinuncia al consumo di frutta e verdura, è sbagliato, certo, ma da qualche parte le famiglie devono pur risparmiare».
Che cosa si dovrebbe fare per uscire da questa situazione?
«Stiamo lavorando nell’incertezza più totale. Serve una politica energetica chiara, seria e solida, che permetta alle aziende di fare dei programmi. Abbiamo fatto i conti ed è emerso che a un’azienda l’energia di un anno verrà a costare tra 35 e 40mila euro in più».
Chiara Gabrielli, Il Resto del Carlino – 17 luglio 2022