Il ristoratore-scrittore presenta domani il nuovo giallo. ’È l’umido che ammazza’: sullo sfondo i festini nelle ville sui colli
Sono posti dove aleggia il mistero, le cucine, come quella dove regna il cuoco bolognese Emilio Zucchini, alter ego del ristoratore Filippo Venturi che al suo personaggio ha dedicato il libro, appena uscito, E’ l’umido che ammazza (Mondadori). L’autore presenta il volume alle 21 nella cortile dell’Archiginnasio all’interno della rassegna Stasera parlo io.
Venturi, lei gestisce un ristorante e un bistrot molto noti a Bologna. Zucchini è il suo doppio?
«Quando ho immaginato il mio oste investigatore per caso, ho pensato che mi sarebbe piaciuto costruire un personaggio che avesse caratteristiche esattamente opposte alle mie e che rispecchiasse quella tipologia di ristoratore che piace molto ai clienti. Socievole, a volte troppo, sempre pronto alla battuta, all’elogio persino spesso artificioso dei suoi piatti, con la capacità di far sentire ogni avventore come fosse di casa. Non che io sia un solitario, ma il mio Zucchini è proprio la figura di oste che risponde all’immagine che ha reso Bologna famosa nel mondo».
Un uomo molto estroverso che non può fare a meno di rimanere invischiato in casi giudiziari.
«Estroverso per necessità, ma anche molto riflessivo, forse più di quanto lo sia io nella realtà, e per questo capace di vedere oltre le apparenze, di percepire se nella sua cucina ci sono dei segreti che vanno al di là dell’esatta miscela di carne per fare un ragù. Avverte le tensioni improvvise e non riesce a tirarsi indietro sino a quando nel ristorante non torna l’armonia».
Anche quando si imbatte in situazioni di grande pericolo?
«Tutto avviene, come sempre nei miei romanzi con Emilio Zucchini, senza che fosse previsto. Qui la storia inizia con qualche apprezzamento di troppo fatto da un cliente nei confronti di una delle ragazze che servono ai tavoli. Un omino che non vale nulla ma crede di essere un irresistibile corteggiatore. Lei, ovviamente, non ci sta e risponde come ogni donna dovrebbe fare quando viene offesa. Inizia un salto nel buio, una parabola verso gli inferi che, come le cronache ci hanno raccontato, si nascondono molto bene dietro le rispettabili apparenze della città».
Qualche riferimento ai casi recenti di festini sui colli a base di droga?
«Certo. Il nostro oste, che vorrebbe dedicarsi solo agli amati avventori, deve intervenire, ne va della vita di persone a lui vicine, e si trova coinvolto in una storia tra il centro e le ville sui colli, e dovrà sopravvivere nella ragnatela di orrori nascosti dietro le altissime siepi. Ci riuscirà senza mai perdere quello sguardo sempre positivo sull’esistenza. Perché la sua grande dote, quella che io più ammiro, è di riuscire a scavare in profondità senza mai perdere di vista la superficie, di alleggerire, per quanto possibile, con il suo umorismo, anche la situazione più drammatica».
Pierfrancesco Pacoda, Il Resto del Carlino – 10 luglio 2022