Il presidente Enrico Postacchini: «Tagliare il cuneo fiscale e rafforzare i salari»
I dati del 2021 rivelano già una sostanziale differenza rispetto alla storia economica del nostro sistema produttivo degli ultimi decenni. Prima di questa crisi, il terziario di mercato, cioè le nostre imprese, anche nei periodi difficili per l’economia, riusciva a riassorbire e compensare gli effetti negativi, soprattutto sotto il profilo dell’occupazione. Oggi, invece, i servizi hanno lasciato sul campo della pandemia 930mila unità di lavoro rispetto al 2019. Alla luce dei dati forniti da Confcommercio Emilia Romagna, nel commercio al dettaglio nella regione siamo passati da 47.964 imprese attive nel 2012 a 42.635 nel 2022 con una flessione di 5.329 unità.
A questa situazione si somma la difficoltà, soprattutto per alcuni settori, a reperire manodopera adeguata: mancano cuochi, camerieri, personale per gli alberghi, baristi ma anche nel commercio al dettaglio ci sono difficoltà notevoli. Il problema non è di semplice soluzione, essendo creato da un mix di fattori quale la minore propensione al sacrificio, anche nei giovani, e ai danni creati da politiche quali il reddito di cittadinanza che ha le caratteristiche di uno strumento assistenziale con ambiguità di utilizzo e di finalità che nuocciono all’occupazione.«Bisogna rafforzare competenze e conoscenze per favorire incontro domanda – offerta: è necessaria una maggiore sinergia tra le politiche per il lavoro e le politiche dell’istruzione e della formazione con l’obiettivo di creare un sistema integrato di strumenti e servizi di politica attiva che pongano al centro la persona e lo sviluppo delle sue capacità formative ed occupazionali. Rimane strategico il ruolo della formazione in un sistema di “imprenditorialità diffusa” come il nostro in cui la persona è ancora il primo fattore d’innovazione per l’impresa», ha spiegato il presidente di Confcommercio Emilia Romagna Enrico Postacchini. I necessari percorsi di digitalizzazione delle imprese e di sostenibilità ambientale nascono dalla consapevolezza e dalla conoscenza che solo la formazione continua, a tutti i livelli, può offrire, alle persone, così come diventerà strategico investire sulla formazione tecnica-superiore, per trasferire nuove competenze e favorire il ricambio generazionale.
«Per rilanciare la domanda interna – ha concluso – da cui in gran parte dipendono le nostre imprese – crediamo che ci debba essere una seria discussione sul taglio del cuneo fiscale e contributivo, per rafforzare anche i salari, e che si debbano detassare i rinnovi contrattuali. La crisi di lungo corso della produttività e la debolezza della crescita sono le cause di fondo dell’andamento della dinamica salariale. Serve una valorizzazione erga omnes dei trattamenti economici e del welfare previsti dai contratti collettivi».
Corriere, Economia Emilia Romagna – 10 luglio 2022