Dubbi sull’idea della giunta. Ascom-Federalberghi: «Superare le disparità»
Dalle temute pastoie della burocrazia, soprattutto per le strutture extra-alberghiere, alla paura di una «strozzatura» che potrebbe essere imposta a tutta la ripartenza post-Covid, che ha bisogno del suo tempo per ripiantare i semi del turismo vero. Non solo, ci sarebbe anche il timore sul come verrebbero reinvestiti quei soldi, con il rischio sia di una «polverizzazione delle risorse nei singoli territori», sia che l’imposta «vada a finanziare voci di bilancio lontane da quelle della promozione e valorizzazione turistica». E’ questo un breve florilegio delle perplessità espresse dalle associazioni di categoria in seguito all’intervista di Mattia Santori, ieri sul Carlino Bologna, in cui il consigliere delegato di Palazzo d’Accursio tracciava una strada sulle modalità di diffusione dell’imposta di soggiorno su tutto il territorio metropolitano. Una sfida ambiziosa, una proposta arrivata dopo numerosi tavoli di concertazione. Eppure per alcuni addetti ai lavori questa svolta potrebbe pure aspettare un annetto, anche se in diversi concordano: un unico regolamento metropolitano potrebbe rendere il tutto più semplice. Tradotto: nessun muro, ma chiediamo garanzie.
ASCOM-FEDERALBERGHI Le due associazioni hanno rilasciato un comunicato che porta con sé anche una stilettatina a Palazzo d’Accursio. Il Comune di Bologna nel 2019 ha raccolto quasi 10 milioni di euro dall’imposta di soggiorno, ma ne ha destinato «meno di un milione e mezzo» alla promozione turistica diretta – scrivono nella nota –. Per questo le associazioni propongono «un unico regolamento metropolitano» sul prelievo, ovvero «un vantaggio comunicativo nelle azioni di marketing del territorio turistico verso i visitatori» e, al contempo, «una semplificazione delle procedure a carico degli operatori», che per conto dei Comuni devono incassare il gettito. Se solo da pochi mesi si sta assistendo inoltre a una ripresa dei flussi turistici «non omogenea», quindi sarebbe «opportuno avviare un percorso graduale di imposta metropolitana che, partendo da un ragionamento condiviso e coordinato sulla destinazione d’uso delle risorse, tenda all’omogeneità». Un obiettivo a cui puntare in definitiva «tra un anno», evitando che quelle risorse poi siano «polverizzate» nei singoli territori.
CONFESERCENTI «Fino a oggi la logica richiamata da Santori non si è avverata, si è andato avanti in maniera non organica – spiega Loreno Rossi, direttore provinciale dell’associazione dei commercianti –. Secondo noi era giusto non applicare la tassa di soggiorno in provincia, per dare ai territori un vantaggio competitivo nei confronti del centro. E questo non ci parrebbe il momento giusto, in ogni caso, di introdurla visto che siamo in piena ripresa del turismo. Ma se intendono applicarla, come pare, allora che si viri verso un regolamento unico e verso un software unico. E che si lavori in maniera omogenea, in coordinamento con la Città metropolitana». CONFAGRICOLTURA Secondo Marco Casali, vicepresidente di Confagricoltura Bologna, «l’imposta di soggiorno può appesantire di molto burocraticamente le strutture extra-alberghiere, dai b&b agli agriturismi, dove diversi compiti ricadono tutti su una singola persona, senza contare che per esempio andrebbero aggiornate anche le funzionalità dei registratori di cassa. E poi – continua Casali – c’è anche il tema del ritorno dei clienti dopo la pandemia: siamo sicuri che il premio fedeltà giusto per i nostri turisti sia quello di una nuova tassa? Potremmo spaventare i viaggiatori». Anche per Confagricoltura c’è il tema di come reinvestire gli introiti della tassa. «Servono equilibrio, solidarietà per le zone più abbandonate e una giusta redistribuzione delle risorse – continua Casali –, quindi occorrebbe nel caso una sorta di cabina di regia assieme alla Città metropolitana. Poi mi chiedo se tutti questi Comuni, in diversi con robusti avanzi di bilancio, abbiano davvero bisogno di mettere su un sistema così iper-burocratico. Non so, queste proposte mi lasciano perplesso. Da Mattia Santori mi aspettavo più creatività: non mi sembra un discorso particolarmente innovativo. Anzi, mi sembra un pochettino vecchiotto. Ci aspettavamo una prima idea che fosse importante, diversa. La verità – termina Casali – è che le imprese si sono stancate di fare da esattori per lo Stato. Lo fanno per l’Iva e lo farebbero anche per la tassa di soggiorno, non ce la fanno più. Per questi motivi noi respingiamo al mittente questo tipo di proposte».
Paolo Rosato, Il Resto del Carlino – 1 giugno 2022