Bologna, il presidente non è una zdaura: «Questo lavoro non ha più genere né nazionalità: basta saper tirar la pasta»
BOLOGNA – Angelo Taschetta, siciliano di nascita e bolognese d’adozione, è il nuovo presidente dell’Associazione delle sfogline di Bologna. E, fresco di nomina, il proprietario dell’omonimo panificio di via Andrea Costa assume ora il nuovo incarico puntando, fin da subito, al raggiungimento di un mirato obiettivo: abbattere le robuste mura degli stereotipi riguardo l’ormai canonico profilo di chi tira la sfoglia. Se la ’zdaura’ è vista da tutti come la signora di mezza età che impugna il mattarello, Angelo, invece, non ha dubbi: «Nel 2022, questa professione appartiene a coloro che la portano avanti con passione. Indipendentemente dal sesso, dal colore della pelle o dalla propria nazionalità. L’importante è che sappiano tirare la sfoglia».
Cosa significa per lei essere stato nominato presidente dell’associazione?
«Faccio parte di questa realtà ormai dal 2011, quando Francesco Mafaro, ai tempi presidente dell’associazione, mi chiese di farne parte. Ai tempi ero l’unico uomo a tirare la sfoglia a mano, ma non mi sono mai sentito discriminato in alcun modo. Al contrario, per me è sempre stata una grande responsabilità: i tempi cambiano e anche la figura della zdaura ora procede verso una strada innovativa, che stiamo a poco a poco tracciando. E io sono stato uno dei primi a crederci: non manca chi si insospettisce quando vede un uomo vestire questi panni, ma per me è stata da sempre una sfida per cambiare le cose e riuscire a dare il meglio».
Cosa rappresenta la sfoglina per gli emiliano-romagnoli?
«Esiste un forte legame tra chi vive il territorio e questa tradizione. Io sono nato a Salemi, in provincia di Trapani, ma sono arrivato in Emilia-Romagna a 17 anni, dove ho cominciato la formazione al forno delle Sorelle Bongiovanni a San Giovanni in Persiceto. Fin da subito ho potuto notare l’entusiasmo, in questa regione, per la pasta fatta a mano: anche in negozio, quando i clienti l’acquistano, cambiano umore, come se questo prodotto generasse allegria. Così anche negli eventi all’esterno, dove le persone si identificano in questa tradizione e sono entusiaste di poter osservare, dal vivo, chi tira la sfoglia».
Quali sono gli obiettivi su cui puntare?
«Il mio mandato durerà cinque anni. E in questo lasso di tempo cercherò di puntare su un aspetto per me molto importante, cioè la digitalizzazione. Ma non solo: un ulteriore obiettivo è quello di rendere sempre più concreta la rete con le altre realtà che fanno parte dell’associazione, per poi realizzare una ‘mappa’ e uno slogan da mostrare fuori dalle vetrine. Questo per me è un modo per identificarci e mostrarci al pubblico, così da consentire agli interessati di individuarci con facilità».
Come avvicinare i giovani a questo mondo?
«Sarà fondamentale coinvolgerli direttamente sul campo, dando loro in mano tutti gli strumenti necessari per conoscere questa professione. Anch’io da giovane, prima di provare, avevo paura: una volta toccata la pasta, invece, il timore ha lasciato spazio all’entusiasmo e alla gioia. Senza dubbio, anche attraverso i social cercherò ragazzi interessati perché so che ce ne sono tanti».
A oggi, è possibile coniugare tradizione e modernità?
«L’innovazione risiede nelle idee, come ad esempio inventare un nuovo tipo di pasta oppure osare con un ripieno differente dal solito. Ma, allo stesso tempo, credo che questa professione debba mantenere un forte legame con la tradizione, soprattutto per ciò che riguarda gli strumenti e il modo di portarla avanti».
Giorgia De Cupertinis, Il Resto del Carlino – 16 maggio 2022