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Con il pollo, al fegato o magari gratinati: la storia dei tortellini in tre cene

Da ViVo un percorso dedicato al celebre piatto bolognese

I primi erano con pollo, uovo, formaggio, spezie e uva passa. Di forma rotonda e piatta, venivano serviti con una spolverata di zucchero. I secondi erano ripieni di midollo, mele cotogne sciroppate e venivano serviti come accompagnamento al lesso di anatra. Poi ci furono quelli firmati dal cuoco dei Gonzaga di Mantova, e a seguire quelli realizzati dal cuoco di Caterina II di Russia. Il primo incontro con il maiale, sotto forma di pancetta, risale solo al 1841. Fino ad allora i tortellini alla bolognese non lo contemplavano proprio. Poi la strada dei tortellini arriva all’Artusi e prosegue fino alla ricetta depositata nel 1971 alla Camera di Commercio.

A raccontare la storia della celebre pasta ripiena, di recente, è stato lo storico della gastronomia Luca Cesari nel suo libro La storia della pasta in dieci piatti (Il Saggiatore). Attraverso il suo lavoro di ricerca e il suo supporto, lo chef Vincenzo Vottero ha dato vita a un percorso di degustazioni lungo nove piatti che attraversa cinque secoli della nostra cucina. Le antiche ricette tornano a vivere in tre cene apparecchiate da ViVo RistorArte, in viale Silvani, domani, mercoledì 4 maggio e mercoledì 25 maggio (50 euro, vini esclusi). E, visto il successo (le prime due serate sono già sold out) e la piacevolezza delle pietanze, si sta già pensando di trasformare la cena «Il tortellino alla bolognese nella storia» in un format da riproporre, magari anche in una versione differente, nel prossimo futuro.

Da ViVo in queste tre serate rivivranno i tortellini del passato attraverso un percorso cronologico che parte dalla prima ricetta conosciuta datata 1501 fino ai «Ricchi e poveri» in brodo di fagioli di Carlo Alberto Borsarini del ristorante La Lumira (la ricetta è antica, ma rivisitata dal presidente dell’associazione Tour-tlen in chiave contemporanea) per concludersi con «The winner is», il tortellino in brodo di faraona e fieno con sferificazione di lambrusco che nel 2016 sbaragliò la concorrenza tra i tortellini del festival omonimo.

«Sono quarant’anni che faccio questo mestiere e quarant’anni che mi sento dire che c’è una nonna che fa un tortellino migliore del mio», scherza Vottero, ironizzando su quello che Borsarini ha soprannominato il «miononnismo» molto diffuso anche a Bologna. A casa dei «miononnisti» sarebbe custodita la verità su ogni ricetta della tradizione e la tradizione per i «miononnisti» ovviamente non si tocca. Cesari, nel suo libro, parla di «gastropuristi», categoria simile, e piuttosto noiosetta con cui avere a che fare a tavola.

«Lo scopo di questa iniziativa — spiega lo chef di ViVo — è di dimostrare ai puristi della cucina tradizionale che la tradizione alla quale oggi ci rifacciamo non è altro che l’innovazione della tradizione antica». Il tortellino è un’invenzione medievale e «la pasta alla bolognese è la prima a ricevere il gastrotoponimo», racconta Cesari. Siamo appunto nel 1501, con la prima ricetta di «Tortelli di caponi o altri ocelli alla bolognese» di cui si ha notizia. Da lì parte una degustazione che allieterà, c’è da scommetterci, il palato anche di gastropuristi e miononnisti.

di Francesca Blesio, il Corriere di Bologna, 27 aprile 2022

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