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Borsa merci, prezzi alti «Nessuna speculazione»

Filetti risponde alle critiche: «Dipende tutto dalle oscillazioni internazionali»

Il prodotto c’è, ma i prezzi volano. Così nei giorni scorsi il governatore del Veneto Luca Zaia aveva gridato alla speculazione sul cibo, mettendo sul banco degli imputati la Borsa Merci di Bologna, il luogo più importante di Italia per lo svolgimento delle contrattazioni di prodotti e servizi della filiera agroalimentare e che ogni settimana diffonde il listino dei prezzi. «Da un’analisi che ha condotto la Regione sull’andamento della produzione e dei prezzi nei primi mesi del 2022 — era stato l’affondo di Zaia — emerge che, viste le ridotte dimensioni del nostro import-export con Russia e Ucraina, non risulterebbe una mancanza di prodotto. A preoccupare è l’andamento dei prezzi: dallo scoppio del conflitto il mais costa il 40% in più, il frumento tenero e il sorgo segnano un +24,6% e la soia fa +17%. Le autorità internazionali, che dovrebbero regolare l’efficienza dei mercati — si domanda Zaia —, come mai non intervengono per fermare quella che è evidentemente solo speculazione?». In Italia le importazioni provenienti dai due Paesi in guerra non raggiungono il 4% del valore, mentre le esportazioni non superano il 2%. Tuttavia, per alcuni prodotti la quota delle importazioni è molto alta: è il caso dei semi di lino russi, del sorgo e dei semi di girasole ucraini. Pronta la risposta del presidente della Borsa Merci, Valerio Filetti, che ritiene che solo un negoziato vero, «in cui a sedersi siano Putin e Zelensky», possa riportare la calma e una normalizzazione dei prezzi. «Viviamo in un mondo globale — replica — e la Borsa Merci, che è un contenitore di scambi, è collocata in quel mondo. Anche gli operatori che lì si incontrano subiscono le oscillazioni internazionali. Ma il vero problema, oltre alla dipendenza dell’Italia dall’estero, è l’incremento dei costi dell’energia che si ripercuote sui processi di trasformazione: paradossalmente, quello delle materie prime è più gestibile dalle imprese». Che nella peggiore delle ipotesi lo ricaricano sul prezzo del prodotto finito. Per esempio su un pacco di pasta, che ha avuto aumenti nell’ordine di pochi centesimi al chilo. Quanto alle speculazioni, secondo il ragionamento di Filetti, non dipendono certo dalla Borsa Merci: «Ogni giovedi esce il listino prezzi delle 40% Dallo scoppio del conflitto il mais costa il 40% in più, il frumento tenero e il sorgo a +24,6% materie prime che fotografa il valore dei diversi prodotti che sono stati scambiati nella giornata e in quelle subito precedenti — spiega —. Negli ultimi tre abbiamo registrdto un ridimensionamento dopo il panico del 24 febbraio, giovedi successivo alla notte in cui è iniziata l’invasione dell’Ucraina. Dopo la stabilità registrata il 24 marzo — aggiunge —, negli ultimi due giovedì mais, grano e soia sono scesi di circa il 2-3%». Filetti concorda, però, con la richiesta del governatore Zaia di rivedere le priorità del Pnrr per non mettere a rischio la ripresa: «Solo i governi nazionali — analizza — possono trovare una soluzione». Infine, una previsione: «Si semina grano e mais nei mesi di marzo e aprile — ricorda —; dai raccolti di quest’estate potremo capire se nelle aree meno colpite dalla guerra si è riusciti a coltivare». E il blocco delle esportazioni fino al 31 agosto deciso dalla Russia? «Se ci saranno raccolti, saranno trebbiati a fine agosto. Il commercio inizierà a settembre: come la Russia non ha fermato l’export del gas verso l’Europa, non credo lo farà col grano».

Alessandra Testa, Corriere di Bologna – 10 aprile 2022

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