Compie un secolo il fondatore della trattoria di vicolo Alemagna, aperta dal 1946. «Domani festeggio con delle belle lasagne»
«Come sto? Come vuole che vada, domani compio cent’anni. Va col mento in terra. Cent’anni non sono mica pochi». Leonida Mirri è un pezzo di storia della nostra ristorazione. Al traguardo del secolo di vita, nella sua casa di Imola non lontana dalla stazione, ha mantenuto l’ironia, la lucidità e la simpatia che tanti suoi clienti bolognesi ricordano. Trattoria Leonida, vicolo Alemagna, una silenziosa viuzza trecentesca larga come un suv, tra strada Maggiore e via Santo Stefano. Leonida aprì il locale con la madre Maria Luisa Zanelli nel 1946 e lo guidò fino al 1980, quando lo lasciò al suo braccio destro Dante Naldi che, col figlio Paolo, gestisce tuttora uno degli indirizzi più gloriosi e autentici della città. Sempre fedele alla sua cucina tradizionale, sempre affollato, sempre ben frequentato. Ai muri, qualche vecchia foto testimonia un ricordo indelebile. Era il 1954, o forse la fine del 1953. Aldo Fabrizi e la sua troupe occuparono la trattoria per settimane intere, all’ora di pranzo e spesso anche a cena. Il locale divenne il set e la centrale operativa di un film interamente girato a Bologna, ‘Hanno rubato un tram’, che la libreria Ambasciatori continua a vendere in dvd. Fabrizi ne fu regista e protagonista. È la storia di un tranviere che, esasperato da tanti dispiaceri, decide di scatenare il suo tram in una folle corsa attraverso la città. Luoghi classici o insoliti, da strada Maggiore al deposito Zucca, compaiono uno dopo l’altro in uno scintillante bianco e nero. Leonida e la mamma interpretarono se stessi. L’aiuto regista di Fabrizi era un tipo silenzioso, destinato alla celebrità: Sergio Leone. Tutto nacque per caso. La mamma di Leonida riconobbe in lontananza Fabrizi, mai visto prima, all’angolo tra via Ugo Bassi e Indipendenza. Lo fermò e cominciarono a chiacchierare. Due giorni dopo l’attore romano era nella trattoria di vicolo Alemagna a organizzare le riprese del film. Alcune scene descrivono con affetto e con realismo il calore di certe trattorie che oggi facciamo molta fatica a trovare. ‘Leonida’ ne è sempre stato un prototipo. Tortellini, gnocchi burro e oro, lasagne, tortelloni, arrosti, cacciagione e agnello sono i piatti classici, fin dall’ottobre del 1946. «Fu mia madre a trovare quel locale che da sempre era una trattoria e un’osteria – dice Leonida –. La proprietaria era la contessa Camilla Malvasia Tortorelli, bellissima donna. Siamo sempre stati in affitto». Da Leonida prima o poi arrivavano tutti. Per anni sembrò la mensa del Mulino, club di un’intelligenza innovativa che divenne anche editoria. Nicola Matteucci, politologo di cervello libero e diverbio facile, era tra i più affezionati. Nino Andreatta si rimpinzava di filetto al pepe nero e non vedeva l’ora di finirlo per uscire a fumare la pipa che aveva infilato, spesso accesa, nella tasca della giacca. Romano Prodi, che tuttora abita a pochi metri, ordinava solo un’insalata ma poi non se la faceva bastare. Umberto Eco, che conosceva i ristoranti bolognesi almeno quanto la storia medievale, ordinava tagliatelle, ma prima si faceva portare un whisky e del vino bianco. Ai fornelli, dopo la mamma, arrivò Laura, la moglie di Leonida, cuoca e sfoglina bravissima. Quarantadue anni fa il ristoratore imolese pensò che fosse arrivata l’ora di smettere, anche se i suoi 58 anni non erano poi così tanti. «Decisi di regalare la trattoria a Dante, che lavorava lì con me dal 1956, e a suo figlio Paolo. Nessuno ci credeva che fosse stato un regalo vero. Mi dicevano va là, lo sai anche te che quella licenza lì vale 60 milioni. Io non so quanto valeva, ma a me sembrava giusto fare così». Dante è ancora in grande forma. Ogni giorno accoglie e consiglia i clienti con un calore e un aplomb d’altri tempi. «È un fenomeno – racconta Leonida –. Arrivò in trattoria a 16 anni e imparò tutto in fretta. Faceva la spesa, sapeva tagliare la carne, sapeva organizzare ogni cosa. Io non guidavo e non sapevo da che parte girarmi. Non so come avrei fatto senza di lui». Domani si festeggia. «Niente di speciale – spiega Leonida –. Anzi, una cosa speciale ci sarà: le lasagne. Perché Dante è bravissimo a fare anche quelle»
Mauro Bassini, Il Resto del Carlino -20 marzo 2022
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