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Viaggio nel popolo di Lucio. L’amarezza per l’assenza del cantautore di amici, vicini di casa e conoscenti

«Nonostante la fama non ha mai perso l’umiltà, gli piaceva la compagnia»

Lucio Dalla «nonostante la fama non ha mai perso l’umiltà». È questa la prima cosa che ogni cittadino di Bologna ricorda di Lucio. E lui era così: un artista di fama nazionale e internazionale che passeggiava liberamente per tutto il centro storico senza trascurare le abitudini di sempre. Gli piacevano il cibo e la compagnia. D’altronde i bar, le osterie e le piazze erano i suoi luoghi prediletti.

Paolo Cesari, titolare dell’omonimo ristorante, era uno dei suoi più cari amici. Dopo dieci anni fatica a ricordare Lucio, prova a trattenere le lacrime ma è inutile. «Non potrei mai limitarmi a raccontare solo un ricordo. Lucio veniva da noi quando ancora non avevamo nemmeno il minimo sentore della sua grandezza artistica», racconta. Non è facile scavare nella memoria e Cesari si emoziona mentre parla di Dalla proprio dal suo tavolo preferito: «Una grandezza d’animo straordinaria, era in grado di trasmettere un amore viscerale». Cosa gli ha lasciato Lucio? «Che bisogna voler bene al prossimo e lui l’ha dimostrato con tutti noi».

Al Gran Bar di via D’Azeglio, invece, Lucio beveva quasi tutti i giorni (quando poteva) un ‘puccappucc’. «Era un tipo di cappuccino che aveva inventato lui – spiega il titolare Giancarlo Campolmi –, sarebbe un cappuccino con un caffè basso e poco latte, freddo in estate e caldo in inverno. Poi quando era di buon umore lo canticchiava di continuo». Campolmi non lo ricorda come un cliente, ma «come un amico, come uno di noi».

Anche Massimo Montanari, oggi alla guida del ristorante Cesarina, parla di Lucio come una persona «altruista e pronta a dedicare a chiunque, sempre e comunque, un po’ del suo tempo. Infatti anche musicalmente era benvoluto da tutti. Perché a Lucio piaceva iniziare i giovani talenti, li aiutava a emergere».

E poi c’è chi conserva con cura l’ultimo personale ricordo che ha di Lucio. Rocco Colotti, del ristorante C’era una volta, è uno di questi: «Eccolo qui, esattamente a questo tavolo, il sabato prima della sua scomparsa, Lucio era a cena con Marco Alemanno. A fine serata si è alzato e ha fatto il giro della sala per salutare tutti i clienti e i lavoratori presenti con una semplicità unica.

Adoravo il suo sentirsi una persona comune nonostante tutto la fama che aveva sulle spalle, ma era proprio questa la specialità di Lucio, la sua umanità che l’ha reso un’icona.

Marco Santangelo, Il Resto del Carlino -1 marzo 2022

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