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«Ci siamo fatti fregare il gas dai croati Con Putin bisogna scendere a patti»

L’ex ministro Clò: «Commessi troppi errori. Siamo ostaggi del fossile, impossibile una politica europea»

Mentre spegnevamo le trivelle, i croati erano già pronti ad arricchirsi. «Oltre il danno la beffa», commenta amaramente Alberto Clò, economista e ministro dell’Industria nel governo Dini, ponendo il suo sguardo sulla «crisi energetica più grave del Dopoguerra». Lui, che di energia si occupa ancora, la vede così: per uscirne ci sono due vie, consumare meno e siglare accordi con Putin. Professore, dopo tre anni di stop il governo pone fine alla moratoria sulle trivellazioni. Si è sbagliato prima o si sbaglia ora? «È stato un errore fermare le trivelle perché il metano sarà essenziale anche in futuro. È una delle contraddizioni dovute alla narrazione sulla transizione energetica». Dall’altra parte dell’Adriatico ne hanno approfittato. «Un giacimento non si può delimitare con un recinto, così la Croazia ha sfruttato ciò a cui noi abbiamo rinunciato». Di chi la responsabilità?« Di tutti. Lo stesso Pd sul referendum anti-trivelle (che non raggiunse il quorum, ndr) si astenne lasciando libertà di coscienza. E oggi che i buoi sono scappati, ciò che ieri era proibito non solo è lecito ma desiderato». A cosa si riferisce?« Ad esempio al Tap, un investimento privato che porta gas dall’Azerbaigian. Il presidente Emiliano chiese un risarcimento per danni di immagine alla Puglia, e quelli che come lui si erano opposti al gasdotto ora chiedono di raddoppiarlo». In particolare il sottosegretario agli Esteri del M5s, Manlio Di Stefano. Grillini e ambientalisti hanno tutti i torti? «Salute e sicurezza vanno garantite, ma gli ambientalisti faziosi sbagliano le conclusioni». La transizione energetica non è la soluzione? «Transizione significa passare dal dominio dei fossili, che oggi rappresentano l’85% dei consumi di energia, a quello delle rinnovabili, a quota 5%».Difficile?«Il carbone ci mise un secolo a soppiantare la legna, il petrolio altri cento anni per superare il carbone. Insomma, noi siamo ancora ostaggi del fossile». Il governo intende far crescere la quota nazionale di gas. È la strada giusta? «Sì, ma non basta. Lo scorso anno abbiamo prodotto 3,5 miliardi di metri cubi di gas a fronte di un fabbisogno di 70-75 miliardi. L’autonomia energetica è una chimera: possiamo arrivare a 8 miliardi, però non servirà a ridurre i prezzi perché chi estrae si adeguerà al mercato». Quanto tempo servirebbe all’Italia per aumentare la produzione? «Ci vorranno anni per rimediare. Nel breve termine l’unica soluzione è consumare meno». Il governo continua a stanziare risorse per tamponare il salasso. È sufficiente? «È doveroso, ma sono pannicelli caldi. Gli aumenti sono costati a famiglie e imprese 90 miliardi di euro, l’esecutivo ne ha messi a disposizione 10 e sono pronti altri 7. Ne mancano all’appello 63, nel frattempo le imprese chiudono». Rischiamo di bruciare la ripresa? «Sì. A gennaio l’inflazione ha raggiunto il 5%, i due terzi sono dovuti all’energia. Il tasso di inflazione energetica è superiore di due volte a quello di Germania e Francia». La Germania ha il carbone e la Francia il nucleare. È possibile una strategia europea oppure, come sostiene l’ex premier Prodi, dovremmo firmare contratti di lunga durata per ottenere gas da Putin? «Sono d’accordo con lui. La concorrenza funziona quando c’è un surplus dell’offerta, ma oggi la situazione è opposta: bisognerebbe tornare indietro e firmare contratti con clausole che fissano il prezzo». Da qualche giorno la tutela dell’ambiente è in Costituzione. Cosa può cambiare in questo settore? «Il principio è molto positivo, ma dipende da come lo si interpreta. Una lettura ideologica rischia di innescare ricorsi alla Corte costituzionale».

Antonio Del Pietro, QN – Il Resto del Carlino, 13 febbraio 2022

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