Intervista a Valentino Di Pisa, Presidente di Fedagromercati Confcommercio
I nodi da sciogliere ci sono. E sono anche parecchi quelli elencati da Fabrizio Pattuelli nella sua analisi.
«Ma io non sono così pessimista: sono convinto che i mercati all’ingrosso il loro ruolo lo avranno sempre, si tratterà di rinnovarsi, di modificare l’assetto, di rivedere i servizi, ma il canale è vitale».
A parlare è Valentino Di Pisa, numero uno di Fedagromercati Confcommercio.
Presidente, qual è lo stato di salute del commercio ortofrutticolo all’ingrosso in Italia?
Abbiamo attraversato la pandemia dove c’è stato un aumento di fatturato nel 2020 proprio perché c’era necessità di acquistare ortofrutta, sembrava l’unica valvola di sfogo nei consumi. Ora le vendite si sono indubbiamente ridimensionate e in questo inizio d’anno i consumi stanno registrando un calo netto, anche perché l’Horeca è tornato a soffrire fortemente. Poi, purtroppo, c’è paura nella gente, gli acquisti si fanno con il freno a mano tirato e il contesto economico è difficile.Un imprenditore, però, deve essere ottimista.
Ai nostri operatori piace la regola delle tre C. Consapevolezza della nostra funzione, e lo abbiamo dimostrato nei momenti più difficili della pandemia: il 50% dei prodotti ortofrutticoli che arrivano sulle tavole degli italiani, in un modo o nell’altro, passa dai Mercati. Coraggio di innovare: digitalizzandoci e cambiando le nostre abitudini E poi Coesione di tutta la filiera: è ora di smettere di pensare ognuno per conto proprio, ma serve trovare una sintesi tra tutte le componenti distributive.
Facile a dirsi. Ma la frammentazione è un denominatore comune di tutta la filiera ortofrutticola…
E ne paghiamo lo scotto. La politica, in tutto questo, è veramente assente: sottovaluta il lavoro dei mercati e mi dispiace che anche il mondo della produzione ortofrutticola non riconosca pienamente la nostra capacità di valorizzare i prodotti italiani. Dovrebbero avere una maggior consapevolezza di quanto valiamo, di quanto noi professionisti dell’ortofrutta possiamo fare per loro. Apprezziamo molto il lavoro di Italmercati a livello istituzionale, con gli enti gestori stiamo lavorando assieme su diversi fronti, a partire dalle opportunità del Pnrr. Il mondo dei mercati è in evoluzione, ma non possiamo più pensare ad oltre 120 strutture in Italia: ci deve essere una selezione, con quelli di valenza nazionale che vanno rilanciati, mentre quelli più piccoli devono riposizionarsi in funzione di altri obiettivi.
Come riportare la grande distribuzione all’interno dei Centri agroalimentari?
Qui va fatta una distinzione tra le catene nazionali e quelle regionali. I gruppi locali frequentano i mercati, per esempio in Veneto dove ci sono realtà importanti che si approvvigionano all’ingrosso. Le grandi cooperative distributive hanno scelto piattaforme esterne, ma sarebbe stato più oculato, anche da parte nostra, che queste strutture fossero state realizzate dentro i mercati. Sarebbe stato un risparmio logistico davvero importante. Oggi però, per esempio su Bologna, la Gdo sta tornando ad affacciarsi nei mercati e ci sono intermediari organizzati per servirla. Ovvio che in una logica di cambiamento degli orari la Gdo sarebbe più facilitata.Orari. Se ne parla spesso, ma poi non cambia nulla. A che punto siamo?
Quando ormai otto anni fa ho iniziato il mio primo mandato da presidente nazionale di Fedagromercati, alla base c’era proprio questo tema. Qui torniamo al necessario coraggio del cambiamento, ma il virus dell’abitudine è difficile da debellare. Pensiamo che l’orario notturno sia l’unico modo per poter lavorare, ma non è così. Lo dimostra Roma, che è stato capace di cambiare ed è uno dei Centri in controtendenza. Chiaro che non si riduce tutto a un mero spostamento delle lancette, ma deve esserci un progetto collegato che possa convincere gli operatori. Spaventa di perdere i clienti abitudinari che alle due di notte sono alle porte del mercato, ci sono timori sul traffico durante il giorno, ma credo che se i cambiamenti sono governati e programmati allora possono essere gestiti, altrimenti il rischio è di subirli: dobbiamo avere la forza di anticipare il cambiamento, perché passata la mia generazione difficilmente troveremo giovani che con questi orari vorranno portare avanti le attività.
Pagamenti e affidabilità: com’è la situazione? Il tema dei crediti è sempre stato centrale per il nostro comparto. La copertura assicurativa è uno strumento ormai ampiamente utilizzato, ma nonostante questo la solvibilità è sempre una spina nel fianco. Oggi, però, il problema principale è l’aumento dei costi sia diretti, come quelli dei trasporti e dell’energia elettrica, sia indiretti come l’aumento dei prezzi degli imballaggi e dei costi produttivi. Noi subiamo le conseguenze di questi aumenti senza poter anche minimamente riversarli sul prezzo finale del prodotto, sulla formazione del prezzo non possiamo applicare criteri industriali. Ecco perché oggi più che mai serve una coesione di filiera e un supporto istituzionale.Prima ha parlato di digitalizzazione. Cosa serve all’ingrosso?
Il tema è vastissimo. Con la pandemia si è affrancato ancor di più il commercio online. Nel b2b c’è chi ha investito in marketplace e in strumenti digitali per valorizzare la propria offerta. E’ un porto naturale a cui tutti dovremmo arrivare, un passaggio obbligato. Io sarei favorevole a un progetto comune per tutti i mercati: noi ci siamo.
A proposito di strutture mercatali, dove si deve migliorare?
In futuro saremo piattaforme logistiche informatizzate, punti di riferimento per il famoso ultimo miglio, in una logica di sostenibilità ambientale, efficienza, armonizzazione dei trasporti e servizio al cliente. Dobbiamo quindi lavorare in questa direzione.
Formazione, quali lacune ci sono in chi frequenta i mercati e in chi ci lavora?
Nella mia esperienza associativa sono stato presidente di una società di formazione all’interno di Confcommercio e mi sono reso conto che nelle piccole e medie aziende la formazione sia spesso un problema: pochi dipendenti, poco tempo e c’è chi pensa che non serva. Oggi, invece, è assolutamente necessaria, è un fattore ineludibile per un’azienda di successo. Sia per noi grossisti, che non troviamo più i giovani da inserire, sia per una nuova generazione di venditori che si stanno affacciando alla professione, sono soprattutto ragazzi nordafricani che si buttano in una nuova avventura, ma hanno bisogno di preparazione. La formazione nel dettaglio tradizionale, poi, è un altro grande tema e un’altra grande necessità per il futuro del settore. Ad oggi si fa più che altro la formazione obbligatoria, quella imposta per legge, ma ci dimentichiamo che la crescita delle competenze è alla base dello sviluppo professionale e aziendale.
IFN Italiafruit News, 21 gennaio 2022