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«Igor marcisca in galera, ma non sono felice». La vedova Fabbri: abbandonata dallo Stato

Maria Sirica dopo la conferma dell’ergastolo: «Nessuno mi ridarà mio marito. Quel mostro era stato espulso: non doveva essere qui»

Quegli occhi di ghiaccio, Maria Sirica, non potrà mai dimenticarli. Ancora oggi li definisce «gli occhi del male». Quelli di Norbert Feher, il sanguinario Igor il russo che l’1 aprile 2017 uccise suo marito, Davide Fabbri (nel bar della Riccardina di Budrio, Bologna), e una settimana esatta dopo la guardia volontaria venatoria Valerio Verri (nelle campagne di Portomaggiore, Ferrara). Martedì la Cassazione ha messo la parola fine sui due omicidi italiani, condannando ’il russo’ al carcere a vita. Maria, giustizia è stata fatta? «Diciamo di sì».

Non è soddisfatta? «Come posso esserlo quando lui è vivo e mio marito non me lo ridarà più nessuno? Quando l’avvocato Giorgio Bacchelli l’altra sera mi ha informata, non potevo essere felice». In passato lei disse di non credere alla giustizia, oggi però quel ’fine pena mai’ rappresenta un punto importante, non crede? «Sa qual è l’unica cosa positiva?» .Prego.

«Che quell’assassino sia in carcere in Spagna. Se fosse stato rinchiuso in Italia, tra qualche anno sarebbe fuori grazie a permessi premio, indulti e robe di questo genere. Almeno in Spagna in cella vi rimarrà a lungo». I figli di Valerio Verri hanno sempre sostenuto che lo Stato italiano aveva l’obbligo di salvare loro padre? Così anche Davide?.

«Igor non doveva essere in Italia, era stato espulso, riuscì a darsela a gambe due volte. Poi avrebbero dovuto fermarlo a Marmorta, era a piedi, i carabinieri lo aveva a tiro. Ma anche in quel caso riuscì a farsi beffa di uno Stato intero e a nascondersi per otto mesi, scappando in Spagna dove ammazzò altre tre persone. Secondo lei, questo Stato non aveva il dovere di salvare il mio Davide?». Torniamo a quel maledetto 1 aprile 2017. Cosa ricorda? «Io ero al piano di sopra al telefono con mio padre quando Igor entrò nel bar. Pochi istanti dopo sentii delle grida, poi un botto. E mio marito era morto». Quando scese in soccorso, Igor rincorse e minacciò anche lei, non è vero?

«Esatto. Disse che mi avrebbe ammazzato. Ricordo quegli occhi, me li sogno ancora di notte dopo oltre quattro anni. Mi sveglio di soprassalto, li rivedo pieni di morte e odio. Quello non è un uomo, è un mostro e non ha mai chiesto scusa. Mai si è pentito. E io non lo perdonerò mai per tutto il male che ha fatto».

Prima di quella sera, lo aveva mai visto in giro? Era mai entrato nel vostro bar? «Mai. E quella volta era completamente mascherato». Chi era il suo Davide? «Una persona squisita, aveva una parola buona per tutti. Quando perdevo la pazienza o me la prendevo con certe persone, lui mi diceva che dovevo essere tollerante con tutti. E che tutti andavano aiutati. Uno migliore di lui non c’era». Di fronte ad atrocità del genere, in che modo è possibile ripartire? «Vivo nelle stanze che ho condiviso con Davide per una vita intera. Nella mente ho ogni singolo momento trascorso insieme. Ma lui non tornerà più. E’ come se quel primo di aprile fossi morta anche io. La forza me l’hanno sempre data i nostri clienti, gli amici, i parenti. Mi sono sempre stati vicino, fin dal primo giorno. A differenza di altri…».A chi si riferisce? «Allo Stato, alle istituzioni. Dopo l’incontro con l’ex ministro Marco Minniti, che promise di prendere Igor nel giro di una settimana, dieci giorni al massimo, nessun’altro mi ha chiamato, è venuto a farmi visita, mi ha dato una pacca sulla spalla. Ripeto, lo Stato ha fallito in tutto lasciando due morti sulla strada e una terza persona agonizzante ma fortunatamente viva (Marco Ravaglia, l’agente della Provinciale di Ferrara, rimasto in vita solo perché dopo l’assassinio di Verri si finse morto davanti agli occhi di Igor, ndr)».Di recente è morto anche il padre di Davide…«Il 20 gennaio scorso. Morto di crepacuore, per tutto il dolore che ha dovuto patire dopo l’omicidio del figlio» .Dopo la sentenza della Cassazione, ha avuto modo di scambiare due parole con la famiglia Verri? «Non ancora, spero di farlo presto. Siamo uniti nel dolore. Un bruttissimo dolore che mai più andrà via. I nostri cari uccisi da un pazzo senza scrupoli che in Italia ha potuto fare ciò che voleva, in barba a uomini e leggi». Cosa si augura ora? «Ripeto, che possa marcire in cella, per non dire di peggio. E se in questo Paese esiste davvero uno Stato, allora che inizi a tutelare i propri cittadini capendo che certi delinquenti devono essere fermati in tempo prima di distruggere la vita degli altri, come è successo alla mia e a quella di Davide».

Nicola Bianchi, Il Resto del Carlino – 4 novembre 2021

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