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La crisi dei locali. Camerieri spariti dopo il lockdown

Mancano diecimila addetti in tutta la regione, metà dei dipendenti ha mollato

«Hai per caso qualcuno da indicarmi?» Nelle chat interne dei ristoratori e baristi bolognesi è una domanda ricorrente. I gestori dei locali se lo chiedono l’un l’altro di continuo nella speranza di tamponare la carenza di camerieri, cuochi e lavapiatti esplosa con la pandemia. «Si fa veramente fatica a trovare – racconta Massimo Zucchini, presidente regionale della Fiepet Confesercenti – rispetto a qualche mese fa la situazione è un po’ migliorata, ma ancora oggi mancano migliaia di addetti, 10mila in tutta l’Emilia-Romagna». Il dato è stimato a spanne, ma trova conferma nell’ultima rilevazione del Sistema Informativo Excelsior, che indica i cuochi, i camerieri e gli addetti al turismo tra le figure professionali più richieste nella provincia di Bologna (oltre un migliaio le posizioni aperte dalle imprese, metà delle quali di difficile reperimento).

«È una tendenza che blocca e crea grande disagio a tutto il settore – spiega il presidente della Camera di Commercio bolognese, Valerio Veronesi – per questo andiamo a raccontare i dati nelle scuole: così i ragazzi sanno che, se scelgono questo percorso, hanno un’ottima probabilità di trovare lavoro».

Le difficoltà sono emerse soprattutto dopo il lockdown. «Durante i mesi di chiusura si è persa una gran quantità di dipendenti, in alcuni locali pari anche al 50%. Io ne avevo15, quando abbiamo rialzato la serranda ci siamo ridotti a 8». Prosegue Zucchini riferendosi al suo Celtic Druid Irish Pub. «Nel giro di un paio di mesi chi aveva dipendenti in cassa integrazione li ha richiamati. Ora il giro d’affari è quasi tornato ai livelli pre·pandemia, ma gli staff spesso e volentieri sono sottodimensionati».

Lo testimoniano anche i dati sul turismo diffusi ieri in una riunione interna dei soci di Bologna Welcome: «Agosto 2021 – spiega il presidente Giovanni Trombetti – è andato meglio di agosto 2019: nella città metropolitana l’occupazione delle camere è arrivata al 52% contro il 51% di due anni fa. Sembra quasi di risvegliarsi da un brutto sogno: effettivamente il peggio è passato. Se questo trend prosegue speriamo di tornare a regime entro il 2022 e non come si temeva inizialmente, nel 2023». Lo stesso Trombetti, però, vive in prima persona il problema (il suo gruppo conta cinque alberghi e tre ristoranti, tra i quali il Savoia Hotel Regency e il ristorante Garganelli): «La situazione è drammatica. Attualmente siamo alla ricerca aperta di quindici camerieri e cinque baristi. Spesso i candidati non si presentano nemmeno ai colloqui o alle prove fissate. Le motivazioni? Sono difficili da capire: la nostra è una ricerca di lungo periodo, non stiamo parlando di stagionali, e naturalmente offriamo il contratto nazionale». Di certo, molti con le chiusure hanno preferito reinventarsi in altri settori, ma «anche la sospensione delle lezioni universitarie non ha aiutato – aggiunge Vincenzo Vottero, presidente dei ristoratori Ascom -: molti studenti sbarcavano il lunario nei locali».

Per Emiliano Sgargi della Filcams Cgil di Bologna, poi, c’è anche un tema di retribuzioni: «La maggior parte degli imprenditori applica scrupolosamente il contratto nazionale, ma è anche vero che in questo settore si riscontrano irregolarità diffuse. E anche nel perimetro di chi applica le norme di legge si evidenzia una difficoltà enorme nel mantenere livelli retributivi allineati al costo della vita».

Marcello Radighieri, la Repubblica -29 ottobre 2021

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